Divenire nulla 14

Come meravigliarsi se il nichilismo relativistico attacca la sostanza stessa del tempo? “La vita umana si riduce a un istante non già perché sopprima e conservi in sé la durata, ma perché cade in balìa del nulla, e si ridesta alla coscienza della sua vanità di fronte alla cattiva infinità del tempo stesso” [Minima moralia, p. 195]. Grazie alla scienza moderna e alla tecnica, “nel ticchettìo fragoroso dell’orologio si percepisce, per così dire, lo scherno degli anni luce per la breve durata della nostra esistenza”[ibidem]. Dunque il trionfo del divenire, che in Occidente si costituisce come l’unica verità, porta all’annientamento del tempo: il triumphus temporis non può che essere già in se stesso la negazione della sostanzialità del tempo, e con essa la fine della parola. Continua a leggere

Divenire nulla 13

L’esito relativistico del razionalismo ha tuttavia radici ben salde nell’antico. Scrive Theodor W. Adorno: “Ogni psicologia, a cominciare da quella di Protagora, esaltando l’uomo con l’affermazione che egli è misura di tutte le cose, ha fatto di lui, nello stesso tempo, l’oggetto, il materiale dell’analisi, e, una volta collocatolo tra le cose, lo ha assegnato alla loro nullità [c. mio]. La negazione della verità oggettiva attraverso il ricorso al soggetto include la negazione di quest’ultimo: non resta più nessuna misura per la misura di tutte le cose, che cade in balia della contingenza e si trasforma in falsità”. [Minima moralia, Einaudi, Torino 1979, pp. 64-65] Continua a leggere

Divenire nulla 12

Karl Jaspers, riflettendo sulla figura di Amleto, il grande eroe della rinuncia all’azione, che apre la Modernità, alla domanda se si possa vivere nella verità risponde: “L’energia vitale nasce dalla cecità, dalla fede nel mito e nei suoi surrogati, dall’illusione di sapere, dalla mancanza di curiosità filosofica, dal fecondo terreno delle falsità ben circoscritte. (…) La verità, quando la si vede nuda, paralizza”. Verità come Gorgone. E cita anch’egli Nietzsche e Hölderlin. Il primo perché “capisce che la verità non è incorporabile, che anzi l’errore è necessario (vale a dire in rapporto alle verità fondamentali, che sono, a volte, i presupposti della nostra esistenza)”. Il secondo perché “vuole che Empedocle si macchi di una gravissima colpa per aver voluto diffondere tra il popolo la verità totale. È l’eterna domanda: è inevitabile che la verità porti l’uomo alla morte? La verità è forse la morte?”  (K. Jaspers, Del tragico, SE, Milano 1987).

Divenire nulla 8

 

Gli uomini vuoti (1925) di T.S. Eliot (la cui Waste land termina, come tutti sanno, con Datta. Dayadhvam. Damyata.\ Shantih shantih shantih  – aveva studiato sanscrito ad Harvard nel 1911-13) portano come epigrafe la breve frase che segna la fine del protagonista di Cuore di tenebra di J. Conrad: “Mistah Kurtz – he dead” . Chi conosca il significato di parabola del breve e densissimo romanzo dello scrittore polacco-inglese non faticherà a cogliere il senso di tale epigrafe, leggendo i seguenti versi di The hollow men. Continua a leggere

Divenire nulla 7

Le antimetafisiche materialiste hanno storicamente dimostrato l’incapacità di dare fondamento all’identità dell’umano. Il Dio è morto nietzscheano, cioè l’affermazione dell’illusorietà di ogni universo di valori trascendente, apre la strada al definitivo crollo di ogni residuo delle metafisiche tradizionali, per cui si può provare solo una adorniana solidarietà, ma anche alla dissoluzione, in realtà, di quelle anti-metafisiche che sono propriamente, come è noto, delle metafisiche capovolte. Continua a leggere

Divenire nulla 6

Gli scrittori appaiono quasi tutti profondamente convinti (ma su che piano? certo su quello psicologico, soggettivo, sul piano di una intuizione che salta a piè pari il confronto con qualsiasi tipo di pensiero forte, che elude la fatica del concetto) dei seguenti principî: 1. della relatività assoluta, che significa l’essere relativo di qualsiasi fenomeno o cosa o esperienza o giudizio ecc., non potendosi trovare alcunché di universalmente valido, stabile, vero, ecc. (il principio è chiaramente formulato nello Zibaldone leopardiano, che peraltro non eludeva la fatica di cui sopra); 2. dell’idea che tutto finisce nel nulla; e quindi che 3. nulla è realmente dotato di senso di per sé, in quanto il senso è attribuito dall’uomo, che nel suo essere a propria volta relativo non può conferire assolutezza e indefettibilità ad altro da sé. L’unica affermazione a suo modo assoluta che si possa dare è dunque quella della relatività di ogni cosa. Continua a leggere

Divenire nulla 5

Sono Philip Marlowe e Marlow simili solo nel nome? Osservando i due personaggi in un primo momento si sarebbe portati a rispondere di sì. L’uno, l’eroe chandleriano, il prototipo dell’investigatore privato hard boiled, agisce molto, è agonista, e si muove tra individui tutti più o meno meschini e spregevoli, in una società corrotta dal denaro, che egli evidentemente giudica piuttosto schifosa. Moralismo di Marlowe, che consiste in un disgusto globale, che non sempre le generose dosi di whisky riescono a sopire. L’altro, voce narrante e prima attento registratore di storie, non è attore, ma, potremmo dire, in qualche modo coscienza vuota di Conrad, utilizzato come espediente filtro. Alla domanda se non vi sia nulla in comune occorre rispondere che in realtà qualcosa c’è. Guardati da una distanza maggiore i due, al di là delle enormi differenze da tutti facilmente coglibili, appaiono legati da qualcosa di essenziale: non dispongono di fondamenti. Continua a leggere

Divenire nulla 4

Quante opere della grande letteratura degli ultimi due secoli possono essere elencati sotto questa rubrica: “eloquenti prese di coscienza dell’irrilevanza dell’uomo in un cosmo cieco e indifferente”, che traggo da un passo di Una roccia per tuffarsi nell’Hudson di Henry Roth? [Trad. M. Papi, Garzanti 1999, p.292]. L’eroe autobiografico della seconda parte del ciclo Alla mercé di una brutale corrente, Ira Stigman, pronuncia tali parole riferendosi all’emozione (positiva per lui) suscitatagli nell’animo dall’incontro con il coraggioso ateismo di Bertrand Russell, ma esse ci appaiono come un’epigrafe conveniente a molta produzione letteraria moderna e contemporanea. Il rude stream del titolo mi sembra potentemente evocatore della più formidabile corrente che ha percorso – e tuttora percorre – la filosofia, la narrativa e la poesia, e più in generale la cultura dell’Occidente: la percezione, l’idea, talora l’incubo, della perdita inevitabile e totale di ogni cosa bella e dotata di valore; il vedere come tutto sfiorisca e cada infine nell’oblio e nel nulla, non compensato dai nuovi nascimenti; l’irrevocabilità che è nello svanire, nel passare di tutto. Percezione tragica del divenire: l’inesorato, l’inesorcizzabile. Rubando una parola a Elias Canetti, ho chiamato questo eminente fenomeno la spina del divenire, conficcata a grandi profondità nelle carni dell’Occidente.

Divenire nulla 3

Due frasi di Hans Blumenberg mi si sono scolpite nella mente, durante la lettura del suo L’ansia si specchia sul fondo (Il Mulino, Bologna 1989, p.63 ): “La verità come suprema aspirazione, come bene sommo che nella nostra tradizione si identifica in un’ultima istanza con la divinità, è, come argomento, morta” ; e ” Guardata dallo spazio la terra si mostra, se così si può dire, in un oceano di negatività: un’isola in mezzo al nulla. Ciò la rende visibile in un senso eminente: dolorosamente chiara” (Ivi, p.114). Spesso in studiosi di filosofia orientati all’idea del fallimento di ogni ricerca della certezza, nei negatori del senso del tutto, nei sottili indagatori della storia delle metafore, fiorisce un linguaggio deciso, apodittico, nato da scelte intellettuali le cui radici il lettore fatica a cogliere. Ma quelle due frasi dicono molto di ciò che è avvenuto nella nostra epoca, in cui il nichilismo ha trionfato.