Sentimentál

Un trittico di romanzi che insieme formano una piccola commedia umana. Potremmo definire così quest’opera di Roberto Michilli, Sentimentál (DiFelice Edizioni, 2019). Il tempo sospeso, Giulia e altre solitudini e La Dea Nera raccontano tre vicende indipendenti, ma legate da presenze e assenze, di persone e di cose, come accade nella vita. E come nella grande Commedia Umana di Balzac voi ritrovate in una storia un protagonista che poi compare in molti altri romanzi, magari solo come nome che qualcuno pronuncia, così, in una dimensione più piccola, anche qui voi ritroverete nel secondo e nel terzo romanzo persone e località e cose che già avete conosciute nel primo. Di più, nel terzo svolge una parte importante un personaggio, il commissario Ricci, già protagonista dell’indagine raccontata nel poliziesco Il sogno di ogni uomo.
In Sentimentál sono rilevanti cinque elementi.
Il primo è la Grande Montagna, che costituisce una sorta di polo immutabile, al confine tra naturalistico e metafisico, di contro al quale si sviluppano le labili vicende degli esseri umani. I tre protagonisti del trittico si conoscono e fanno parte di un gruppo di alpinisti che frequentano la Grande Montagna abruzzese, e questa in qualche modo è sempre presente, o direttamente o come sfondo.
Il secondo elemento è la scrittura: Michilli usa sempre un tono medio, anche quando i risvolti delle storie si fanno drammatici. Questo è una sua caratteristica presente in tutti i suoi romanzi, ed è espressione di una, per così dire, oraziana saggezza.
Il terzo elemento è strettamente legato al secondo, ed è il realismo concreto. Benché il primo romanzo presenti un io narrante e gli altri due siano in terza persona, il lettore non è mai attraversato dal dubbio che vi possa essere una distorsione nel rapporto tra la coscienza e la realtà. Qui la fattualità non è mai messa in discussione. Attenzione, però: quella di Michilli non è una scrittura ingenua, ma è basata sulla convinzione che ogni interrogativo radicale sul rapporto tra coscienza e realtà sia votato ad un approdo nichilistico.
Il quarto elemento è la (non) provincialità. I romanzi di Michilli sono ambientati in Abruzzo, patria dello scrittore, ma nonostante la presenza di molti riferimenti a luoghi, abitudini e cibi locali (la realtà della vita è cibo, oggetti, musica, libri, strumenti, piaceri e sofferenze fisiche e morali, ecc.) non presentano alcun carattere di colorismo o di compiacimento regionale. Per dirla in altri termini, lo scrittore non è interessato tanto all’antropologia abruzzese quanto all’antropologia umana generale. L’Abruzzo è una porta per l’umano.
Ed è qui il quinto elemento e il nucleo forte del romanzesco michilliano: amore e nostalgia, un agglomerato che possiamo chiamare desiderio, cioè l’identità umana. Il primo libro di Michilli che ho letto si intitola Desideri, e nelle storie che vi sono narrate tratta il tema del desiderio in modo esplicito, con variazioni. Qui, nel trittico, il desiderio dei tre protagonisti (ma anche di altri personaggi) è quello dell’amore. I tre sono uomini maturi, e tutti e tre si innamorano di donne più giovani di loro, in due casi di donne molto più giovani. Solo uno dei tre amori ha un esito positivo, gli altri due falliscono e aprono la porta ad una insanabile nostalgia. La quale forse per qualcuno è meglio della presenza e del possesso dell’oggetto amato: una dialettica fondamentale nella cultura occidentale (e non solo), riassunta così da Marco, il protagonista di Giulia e altre solitudini: «Magari fosse rimasto con quel rimpianto! Tutto si consuma e anche le cose più belle si rovinano presto. Anche la favola più delicata si trasforma in procedura, se si commette l’errore di volerla vivere davvero». (p.245)
Ma ancora attenzione, il tono medio non è mai abbandonato da Michilli, e il suo, come in quella celebre definizione-titolo di un libro di Ezio Raimondi su Manzoni, è sempre un romanzo senza idillio.

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