
Luigi Pareyson, nello splendente capitolo del suo libro su Dostoevskij che ha come argomento il male, mostra come l’ateismo sia la condizione del trionfo del male, il cui fine è la disgregazione e la dissoluzione della personalità dell’uomo nel nulla. Il male, il diábolos, presenta due aspetti che, nel loro apparire in contraddizione, sono indivisibili, e proprio nella loro unità costituiscono la massima insidia. Da un lato il male desidera incarnarsi, assumendo la vita dell’uomo, dall’altro la sua brama si dirige al nulla, che è la sua vera patria, così che esso conduce sempre alla distruzione. Il male infatti non avendo una realtà propria, è parassita dell’uomo. Il diavolo demitizzato di Pareyson e Dostoevskij è lo spirito del nulla, la minaccia del non essere contro l’anima dell’uomo, che continuamente lo persuade ad abbandonarsi al nulla, in tutte le varie forme in cui questo è possibile. Questo è il processo del male: anzitutto esso si installa nell’essere finito (nella biblica creatura), e lo spinge a rifiutare la presenza dell’assoluto nel finito, operando quindi un rovesciamento dei segni: da negativo ad affermativo, così che, facendosi passare per bene, il male sostituisce il finito all’assoluto, divinizzando ciò che è per se stesso mera creatura. Ne segue che l’essere umano è insediato al posto di Dio, annullandosi così le fondamentali differenze ontico-morali tra Dio e uomo da una parte, e male e bene dall’altra. L’uomo in questo modo si divinizza, e diventa lui la soggettiva fonte del bene e del male. Ha mangiato il frutto dell’albero del Desiderio, ed ora è nudo, e in preda al mimetismo scatenato. Il Serpente, indicando alla donna il frutto proibito, aveva aperto la strada della mimesi, il peccato originale dell’uomo: il desiderio dell’annullamento della Differenza, la porta del nulla. Continua a leggere →
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