Divenire nulla 6

Gli scrittori appaiono quasi tutti profondamente convinti (ma su che piano? certo su quello psicologico, soggettivo, sul piano di una intuizione che salta a piè pari il confronto con qualsiasi tipo di pensiero forte, che elude la fatica del concetto) dei seguenti principî: 1. della relatività assoluta, che significa l’essere relativo di qualsiasi fenomeno o cosa o esperienza o giudizio ecc., non potendosi trovare alcunché di universalmente valido, stabile, vero, ecc. (il principio è chiaramente formulato nello Zibaldone leopardiano, che peraltro non eludeva la fatica di cui sopra); 2. dell’idea che tutto finisce nel nulla; e quindi che 3. nulla è realmente dotato di senso di per sé, in quanto il senso è attribuito dall’uomo, che nel suo essere a propria volta relativo non può conferire assolutezza e indefettibilità ad altro da sé. L’unica affermazione a suo modo assoluta che si possa dare è dunque quella della relatività di ogni cosa. Conseguenza importante sul piano della letteratura è quella della universale disponibilità del personaggio-uomo, già posta in luce da Giacomo Debenedetti a proposito di Mattia Pascal: privo di una sua solida essenza, e di una forma corrispondente, cioè in-essenziale, il personaggio è pronto a ricevere qualsiasi contenuto socialmente prodotto, e a con-formarsi ad esso, la sua individualità essendo priva di fondamento, senza radici metafisiche. Mattia Pascal, Axel Heyst, l’Ulrich di Musil (inutile citarne altri, si riempirebbero alcune pagine solo coi loro nomi) condividono un carattere di fondo: quello del riconoscimento, della presa d’atto talora inconscia, del proprio vuoto, della propria impotenza. Si potrà forse obiettare che l’eroe di Chandler risolve i suoi casi, che in fine è vittorioso, che non è affatto un impotente. Ma in realtà egli è del tutto impotente sul piano della propria realizzazione esistentiva, e su quello del cambiamento di una struttura sociale che il suo agire non intacca per nulla. E’ anche lui, nella sua sostanza umana, un fallito, come quasi tutti i grandi personaggi della grande letteratura.

2 pensieri su “Divenire nulla 6

  1. Anche le idee più chiare in merito al nostro essere-storia brillano su sfondo oscuro. Non si sa. Si va. E anche a me è capitato di trovarmi a brancolare nella nebbia nichilista. Oppure a condividere lo stato d’animo espresso in questo passaggio del Tonio Kroger di Thomas Mann: ” Ma guardi dunque le stelle, signore. Eccole che scintillano, tutto il cielo n’è pieno, com’è vero Dio! E ora mi dica, la prego: se uno guarda in su e pensa che molte di esse sono cento volte più grandi della terra, che cosa sentirà? Noi uomini abbiamo inventato il telegrafo, il telefono e tante altre cose dei tempi moderni, sì, è vero. Ma se guardo il cielo debbo riconoscere e comprendere che siamo soltanto vermi e nient’altro… Ho ragione o torto, signore? sì, siamo vermi! – E accennava umile e contristato verso il firmamento.”

    Ma cosa vuole questo firmamento? Ma siamo davvero qui nell’universo, in questa grande metafora che ancora per poco ci contiene? In un mondo in cui niente ha più valore e tutto ha un prezzo, compresa la cura di dire il meglio possibile, di coprire e di bonificare un vuoto ? Insomma, scrivere sarebbe fare come fa la morte, riempire i buchi…Capita quando si scrive in un’epoca in cui il nulla sembra essere diventato l’orizzonte della famosa cultura.

  2. un po’ sarà appunto che il libro ha una fine necessaria e certa, che allora gli sgirttori si adeguano alla cornice. comuqneu sarebbe interessante e forse più semplice descrivere autori che riescono a uscirne, e fare un elenco di romanzi “edificanti”, che in effetti è una parola che (oggi non so), ma per lungo tempo è suonata offensiva.Tolkien potrebbe essere uno di questi? siccome più indietro citavi anche Conrad, mi piacerebbe essere all’altezza di difenderlo dall’accusa, mi limito a dire che per il mio povero babbo Conrad è stato un quinto evangelista, e alcuni dei suoi romanzi sono stati per lui un modello di vita. Tifone in lingua originale se l’è voluto portare sul comodino del’ospedale. certo l’ottuso senso del dovere del capitano mcwhirr si poterbbe prestare a interpretazioni diverse, in fondo è un poveretto che si adegua alla “situazione che gli capita davanti, non un eroe che cambia la storia, ma nell’oceano della disperazione questa barra del dovere rappresenta comunque un punto di riferimento certo . voglio ricordare una frase un po’ letteraria ( chissà forse proprio tratta da un titolo di conrad) che mi diceva per farmi coraggio; le cose del fututo non sono mai belle come le vorremmo ma nemmeno brutte come temono le nostre paure

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