Gli uomini vuoti (1925) di T.S. Eliot (la cui Waste land termina, come tutti sanno, con Datta. Dayadhvam. Damyata.\ Shantih shantih shantih – aveva studiato sanscrito ad Harvard nel 1911-13) portano come epigrafe la breve frase che segna la fine del protagonista di Cuore di tenebra di J. Conrad: “Mistah Kurtz – he dead” . Chi conosca il significato di parabola del breve e densissimo romanzo dello scrittore polacco-inglese non faticherà a cogliere il senso di tale epigrafe, leggendo i seguenti versi di The hollow men.
Between the idea
And the reality
Between the motion
And the act
Falls the Shadow
…
Between the conception
And the creation
Between the emotion
And the response
Falls the Shadow
…
Between the desire
And the spasm
Between the potency
And the existence
Between the essence
And the descent
Falls the Shadow
L’Ombra, infatti, che si inserisce tra l’idea e la realtà, tra la potenza e l’esistenza ecc., è un evento di radicale interruzione, di cancellazione definitiva dei significati su cui l’Occidente si è costruito, e in cui l’uomo occidentale trovava la ragione del proprio modo di essere, il senso della sua vita. Non a caso, nella conclusione di questa poesia, ma a ragion veduta e perfettamente spiegata, Eliot proclama tre volte : “This is the way the world ends”, aggiungendo, all’ultimo verso: “Not with a bang but with a whimper”, a indicare lo spegnimento nella nullificante insensatezza.
Ancora Eliot, nei Four quartets (1959), ritorna alla descrizione dell’esperienza moderna del nulla, espressa in termini di tenebra.
O dark dark dark. They all go into the dark
The vacant interstellar spaces, the vacant into the vacant,
The captains, merchant bankers, eminent men of letters,
The generous patrons of art, the statesmen and the rulers
Distinguished civil servants, chairmen of many comittees,
Industrial lords and petty contractors, all go into the dark,
And dark the Sun and Moon, and the Almanach de Gotha,
And the Stock Exchange Gazette, the Directory of Directors,
And cold the sense and lost the motive of action.
An we all go with them, into the silent funeral,
Nobody’s funeral, for there is no one to bury.
Quest’ultimo testo è citato in un saggio di teologia di Bernhard Welte del 1979, tradotto in italiano nel 1983 da G. Penzo e V.P. Kirsch, dal bel titolo La luce del nulla (Das Licht des Nichts). Sulla possibilità di una nuova esperienza religiosa. Il teologo tedesco si impegna nel tentativo di tradurre l’esperienza di Dio in un linguaggio non-ontologico, trovando nella costellazione del nulla i termini più appropriati per dire Dio, o meglio per arrivare alle soglie di un discorso su Dio come Nulla: quindi la luce che illuminerebbe la possibilità di una nuova esperienza religiosa. E di un contatto inter-religioso (ad esempio col Buddismo). È un tentativo che presenta un certo fascino, ma anche, per restare nella metaforica della luce, dei buchi neri teologici non irrilevanti. Il suo merito fondamentale mi pare quello di dare il nichilismo occidentale come una realtà ineludibile, con la quale ogni teologia che voglia essere seria deve fare i conti. E conti molto duri.
La tesi di Welte si riassume in queste poche righe:
“… Dove Dio è stato colto in determinate immagini e in determinati concetti, e dove simili immagini e concetti si consolidano sempre di più per la comunità storica dei credenti, là aumenta il pericolo che essi formino pure delle barriere che dividono gli uomini da coloro che vivono in tradizioni religiose diverse. Dove invece le immagini e i concetti si dissolvono nel silenzio puro del nulla [c. mio], là si manifesta che questo silenzio, questo nulla è perfettamente trasparente, e non mantiene più alcuna barriera tra gli uomini e tra le loro differenti tradizioni”.
Suggestiva questa digressione. Mi vengono in mente molti spunti ma preferisco aspettarne il completamento.
L’ombra che si inserisce tra idea e realtà, fa venire in mente anche un altro romanzo dello scrittore polacco, che s’intitola appunto ” La linea d’ombra. anche questo molto citato nella mia infanzia.
per fare bella figura sono andato su wikipedia, a rrinfrescarmi la memoria e ho trovato questa bella interpretazione della linea d’ombra:
“per Conrad, la linea d’ombra è quel non definito, personalissimo e al contempo universale, momento e percorso di presa d’atto della propria indipendenza e, insieme, del proprio essere soli di fronte al e nel mondo. Chiavi di questo improvviso, quasi subitaneo passaggio sono il superamento del senso di colpa e dell’apparentemente opposto sentimento di indegnità per il proprio essere: superamento che avviene assieme all’accettazione della responsabilità di essere se stessi come essere umani.”
da questo punto di vista ci sarebbe un aspetto educativo di formazione, nella consapevolezza della presenza di quest’ ombra. ma questi sono discorsi a margine.
Sulle interferenze tra nulla e Dio, mi pare abbia scritto qualcosa anche Huxley, che anche lui si è trovato sulla linea d’ombra, e secondo alcuni si sarebbe buttato dalla parte parte sbagliata