René Girard
Le origini girardiane dell’antropologia generativa
Si può leggere integralmente in inglese scaricandolo da qui: http://www.imitatio.org/uploads/media/Gans-GOoGA.pdf
Mimesis and Science
Mimesis and Science, curato da Scott R. Garrels (Michigan State University Press 2011) reca come sottotitolo Empirical Research on Imitation and the Mimetic Theory of Culture and Religion. Questo testo, di estremo interesse per me, propone dunque un confronto tra la Teoria Mimetica di René Girard e le ultime acquisizioni della scienza sui processi imitativi negli umani e negli animali. Ne emergono un dialogo stimolante e un sostegno importante alla visione girardiana da parte della psicologia sperimentale e delle neuroscienze. Molto significativi sono, tra gli altri, gli scritti di Andrew Meltzoff, lo scopritore delle capacità imitative dei neonati che distrusse l’immagine del bambino come “naturalmente autistico”, e di Vittorio Gallese, il membro più famoso del team italiano che scoprì i neuroni specchio. Il supermimetismo come carattere distintivo della specie umana affermato da Girard trova conferma come realtà neurobiologica. Ugualmente, da esperimenti su bambini piccolissimi, trova conferma sperimentale il versante negativo-violento dell’imitazione postulato da Girard. Insomma, che noi umani siamo creature della mimesi, che il soggetto individuale autonomo su cui è costruita la psicologia classica non esista, che i nostri desideri siano sempre mediati da modelli, che la rivalità emerga già nella prima infanzia, tutto questo non è più solo teoria derivata dalla letteratura ma si sta radicando nell’evidenza scientifica. Ovviamente, il realista Girard ne è molto contento.
I due maestri
Parla Girard
The Genesis of Desire
La mimesi è un meccanismo universale: nessuno di noi può sfuggirvi. Ma la sua necessità non è un semplice determinismo. Io posso ancora scegliere chi desidero imitare, e modellare me stesso su di lui. (p. 27) Questa è forse l’idea più generale che regge l’argomentazione di Jean-Michel Oughourlian in The Genesis of Desire (Michigan State University Press 2010). Jean-Michel Oughourlian è uno psichiatra, ed una delle due voci che tessevano il contrappunto nel basilare testo di René Girard Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo. Egli è convinto che dalla teoria mimetica si possano ricavare applicazioni terapeutiche, e questo libro sul desiderio contiene numerosi esempi clinici, tratti dalla vita professionale dell’autore. Un altro cardine del discorso di Oughourlian è il concetto estensivo di desiderio, inteso come movimento psicologico caratteristico degli umani. Noi siamo creature del desiderio, e non abbiamo alcuna consistenza al di fuori di esso.
In verità, è il desiderio che dirige il sé e che lo crea: il sé non è altro che ciò che potremmo chiamare “sé -desiderio”. Il sé come tale, pertanto, non è davvero responsabile: il desiderio segue il suo stesso destino, la sua stessa logica. Esso scompare nel momento in cui l’ostacolo che ha opposto resistenza si arrende. Qui il sé riconosce di non avere alcun potere suo proprio e non può fare nulla. (p. 30)
Da un lato, il sé non ha alcuna consistenza al di fuori della rete di relazioni dinamiche che lo costituisce, dall’altro il soggetto (realtà sfuggente) può raggiungere liberazione e pacificazione mediante la conoscenza.
L’unico modo per conquistare la libertà dal mimetismo è comprendere che noi vi siamo sempre e totalmente immersi, e che la rivalità che ci minaccia ad ogni istante può essere tenuta a bada solo mediante la rivelazione del meccanismo che la fa nascere. (p. 35)
Oughourlian dedica varie pagine alla scoperta dei neuroni-specchio, che confermerebbe pienamente l’intuizione girardiana, e produce una serie di casi clinici che avvalorano la sua visione. L’analisi mimetologica del mito di Adamo ed Eva è forse la parte più interessante (e problematica) di quest’opera, che ha natura di applicazione della teoria girardiana, e, per dirla un po’ scherzosamente, rimane pienamente ortodossa rispetto al pensiero del maestro.
Prima dell’apocalisse
Un’intervista di Robert Doran a René Girard dal titolo Apocalyptic Thinking after 9/11, e un saggio di Jean-Pierre Dupuy comparso su Anthropoetics (autunno/inverno 2008) dal titolo Rational Choice before the Apocalypse, ed ecco un agile libretto di Transeuropa: Prima dell’apocalisse (2010). In copertina come autore compare solo Girard, e questo non mi pare molto corretto, visto che il volume degli scritti è uguale, e il peso teoretico della parte di Dupuy è anche superiore. Qui non vale tirare in ballo il marketing, Transeuropa non è Mondadori. Continua a leggere
Portando Clausewitz all’estremo 7
Sono sempre più convinto che il pessimismo radicale dell’ultimo Girard sia uno sviluppo delle premesse, che non vi sia un salto rispetto ai suoi inizi. E penso che ciò sia legato alla mancanza di una base filosofica del suo pensiero. In realtà, l’essere umano di Girard non è altro che pura relazione mimetica, e proprio per questo è sostanzialmente un nulla. Perché la filosofia non è eludibile, ritorna sempre. E un’antropologia che pensi di farne a meno alla lunga non si regge. In questo, ha ragione Giuseppe Fornari, che si sforza di introdurre nella teoria mimetica un fondamento metafisico.
Occorre anzitutto, secondo me, che la teoria mimetica pensi il concetto di identità e di differenza. Un mancato chiarimento di questi concetti e della loro relazione porta infatti nel buio del nichilismo, in cui lo stesso Girard, che ne è un critico, rischia sempre di sprofondare. Continua a leggere
Portando Clausewitz all’estremo 6
Mi sono ricreduto sulla mia critica alla Lettera agli Ebrei di san Paolo, che era tutto ciò che restava in me di “moderno” e di anticristiano. La critica di un “cristianesimo storico” a vantaggio di una specie di “cristianesimo essenziale”, che io ritenevo di aver colto in stile hegeliano, era assurda. Bisogna al contrario pensare al cristianesimo come essenzialmente storico, e Clausewitz ci aiuta a farlo. Il giudizio di Salomone dice tutto al riguardo: c’è il sacrificio dell’altro e il sacrificio di sé, il sacrificio arcaico e il sacrificio cristiano. Ma sempre di sacrificio si tratta. Siamo immersi nel mimetismo e dobbiamo rinunciare alle trappole del desiderio, che è sempre desiderio di ciò che l’altro possiede. Lo ripeto, non c’è alcun sapere assoluto possibile, siamo costretti a restare nel cuore della storia, ad agire nel cuore della violenza, perché ne capiamo sempre meglio i meccanismi. Saremmo in grado per questo di eluderli? Ne dubito. (72) Continua a leggere
Portando Clausewitz all’estremo (5)
Sono sempre fortemente colpito dal fatto che in Occidente ogni nuovo pensiero tenda a porre se stesso come il più radicale, rinfacciando a predecessori e rivali di non esserlo abbastanza. Lo si vede anche in Girard, ogni volta che egli si misura con i suoi punti di riferimento, come Freud o Levi-Strauss, o, qui, Hegel. C’è un punto oltre il quale la tensione all’estremo non può andare, che è l’estremo stesso, ovvero l’esplosione apocalittica. Hegel ha pensato la guerra, ma in forma meno radicale di Clausewitz, secondo Girard, che intende portare appunto quest’ultimo, non sufficientemente consapevole della realtà sacrificale delle cose, al punto estremo. Il pensiero hegeliano “nasce dal religioso” (64), ma abbandona l’antropologia cristiana. E non ha, sostiene Girard, “una concezione sufficientemente radicale della violenza”. Ma come può averla, mi chiedo, se, come ha scritto anni fa Tobin Siebers, essa è il suo altro? (67)