Portando Clausewitz all’estremo 7

Sono sempre più convinto che il pessimismo radicale dell’ultimo Girard sia uno sviluppo delle premesse, che non vi sia un salto rispetto ai suoi inizi. E penso che ciò sia legato alla mancanza di una base filosofica del suo pensiero. In realtà, l’essere umano di Girard non è altro che pura relazione mimetica, e proprio per questo è sostanzialmente un nulla. Perché la filosofia non è eludibile, ritorna sempre. E un’antropologia che pensi di farne a meno alla lunga non si regge. In questo, ha ragione Giuseppe Fornari, che si sforza di introdurre nella teoria mimetica un fondamento metafisico.

Occorre anzitutto, secondo me, che la teoria mimetica pensi il concetto di identità e di differenza. Un mancato chiarimento di questi concetti e della loro relazione porta infatti nel buio del nichilismo, in cui lo stesso Girard, che ne è un critico, rischia sempre di sprofondare.

A differenza di tutti gli altri pensieri, il cristianesimo fa coesistere in una stessa visione due cose che noi separiamo sistematicamente riguardo alla riconciliazione: la sua possibilità di diritto e la sua impossibilità di fatto. Nel momento in cui nulla più separa i fratelli nemici e tutto suggerisce loro di unirsi, perché la loro stessa vita dipende da questa unione, né l’evidenza intellettuale, né gli appelli al buon senso, alla ragione, alla logica saranno di alcuna utilità: la pace non ci sarà, poiché la guerra si nutre precisamente di quel nulla che per ultimo resta fra i combattenti, e si nutre della loro stessa identità. Siamo così entrati in un’era di ostilità imprevedibile, un crepuscolo della guerra che fa della violenza il nostro ultimissimo Logos. (89)

Gli attentati suicidi sono da questo punto di vista un’inversione mostruosa dei sacrifici primitivi: invece di uccidere delle vittime per salvarne delle altre, i terroristi si uccidono per ucciderne altre. È un mondo più che mai alla rovescia. (115)

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