GLOBALIZZAZIONE

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Globalizzazione significa anche che Shangai e Tokio sono vicinissime a noi. Ucraina, Libia e Siria sono lontane. Kabul è lontanissima, lo Yemen è su un altro pianeta. Il Congo, come al tempo di Joseph Conrad, semplicemente non esiste. Vediamo sfocato e lontano ogni luogo di guerra.
Non vi è stata globalizzazione della prossimità.

LE RAMBLAS E IL NULLA

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Bella riflessione di Carlo Ossola sul Sole 24 ore di oggi, intitolata “La necessità del lutto”. In cui si legge: “Permettere che il commercio, il passeggio, il su e giù dei turisti (perché altro non c’è nelle Ramblas) riprendessero come se nulla fosse, appena rimossi i segni di morte, non è solo un’offesa alle vittime, ma ancora il cedimento speculare alla visione degli assassini. Qui, come a Nizza, essi falciando pedoni ignari dichiarano che l’uomo non vale nulla; è un birillo da buttar giù in fretta; ma la risposta che diamo è del tutto simmetrica: anche noi diciamo che l’uomo non vale nulla, perché occultiamo nell’indifferenza la morte, e riprendiamo al più presto i traffici quotidiani”.
Sono d’accordo. Noi non vogliamo accettare l’idea che le nostre spensierate vacanze edonistiche siano finite, e di conseguenza ficchiamo la testa sotto la sabbia. A questo livello, non è in atto uno scontro di civiltà ma un incontro di nichilismi.
E tuttavia non penso che il fiume si possa arrestare o che si possa mutare la sua direzione. Perché molti sono i segni del fatto che la vita dell’individuo in Occidente da un lato è assolutizzata come Il Valore, da cui sgorga il supremo «diritto di avere diritti», per usare l’espressione di Rodotà, dall’altro è mercificata e ridotta a nulla, manipolabile fin nel ventre materno ed acquistabile sul mercato dei figli, così nullificata da comportare pene minime per chi la toglie ad un altro. Pensiamo solo alla idea di PUNIZIONE, da un lato espulsa da ogni contesto, dalla famiglia alla scuola all’alta cultura, dall’altro circolante nelle viscere della società come ricerca affannosa di un capro espiatorio.
Siamo lotofagi sprofondati nell’oblio, ci sveglieremo troppo tardi.

La mia religione 3

Brotture

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ἐγένετο Ἰωάννης ὁ βαπτίζων ἐν τῇ ἐρήμῳ καὶ κηρύσσων βάπτισμα μετανοίας εἰς ἄφεσιν ἁμαρτιῶν.

Si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.

Nella catechesi che mi fu impartita nei miei primi anni avevano un peso determinante l’idea di peccato e la figura del Demonio, con la connessa idea-incubo della dannazione infernale. Ricordo i raccapriccianti racconti della mia catechista, una signora abbastanza anziana, che avevano il fine di distogliere noi bambini dal peccato col terrore delle sue conseguenze. Il terrore della dannazione eterna nell’Inferno o di anni senza numero nel Purgatorio. Erano quasi sempre racconti di apparizioni del Diavolo, o di anime del Purgatorio che invocavano preghiere e suffragi per poter essere liberate dai tormenti. Talvolta rimanendo invisibili, ma facendo strani rumori nel cuor della notte, sinistri scricchiolii, colpi  e sbattere di porte e finestre. Ne derivarono miei incubi notturni, brutti sogni…

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Micronote 61

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1. “Maestro,” gli chiesero i discepoli, “ci è lecito piangere?” Rispose: “Se non piangerete voi, piangeranno le pietre”.

 2. Che i magnanimi siano pochissimi, e che la maggioranza degli umani sia composta da persone risentite, invidiose, meschine e codarde, questo è noto da millenni, egregio signore. E il magnanimo anche di ciò non si meraviglia.

3. Nel Veneto la cementificazione selvaggia dei decenni scorsi ha investito anche molti cervelli umani, determinando mutazioni genetiche impressionanti. Ne è nata una nuova specie, nella quale all’abnorme crescita della motilità intestinale corrisponde un altrettanto abnorme e caotico sviluppo delle sinapsi, con catastrofica caduta delle capacità razionali: il Venetista.

4. Conoscenza che uccide, la Sirena.

5. Vedono se stessi come puri, e la classe politica dominante come marcia fino al midollo, e irredimibile. Non saranno mai in grado di capire che un popolo moralmente sano, quale è immaginato dalla loro paranoia, non avrebbe mai e poi mai potuto secernere una classe politica di profittatori, corrotti e ladri come quella contro cui lanciano pietre. Questa classe politica presente non è il frutto di un complotto alieno, le sue radici sono profondamente immerse nell’humus nazionale, e nella storia dell’Italia e delle sue regioni. Corrupti incorruptum sibi animum fingunt.

6. “Non si muove faglia che Dio non voglia”. Al Cattolicesimo attualmente manca una sismoteologia.

7. Cosa sia il tempo lo saprà altri, io non lo so. Certo è cose differenti in ambiti differenti: per me è anzitutto l’abisso insuperabile che mi separa da tutto quello che per me ha maggior valore, è il senso di una perdita incolmabile, è il prefazio della perdita di ogni cosa. Ricordo che fin da quando ero bambino il presente era per me sempre già un esser-stato.

8. “Orsù,” disse, “se non siete incatenati in prigioni reali, createvene delle immaginarie, affinché possiate vivere la vita da schiavi che desiderate con tutto il vostro cuore”.

9. Epicentro di epicentri, tale è ogni essere umano fino all’ultimo sussulto.

10. Là s’incupiscono i mari, vasti e bui.

11. “Chiunque pensi che nella stretta scatola della sua mente sia entrata la vera realtà delle cose, costui è un imbecille,” disse.

12. E dunque, in questa fase finale del mio autunno, alle soglie del mio inverno, devo interrogarmi su cosa sia la maturità: di una cultura, di una civiltà, di una singola persona.

13. In Italia ci sono terremoti guelfi e terremoti ghibellini.

14. Che il Dio adorato sia concepito come violento o non violento dipende soltanto dagli umani.

15. Dimmi qualcosa, Tiresia, non stare lì a guardarmi muto e imbambolato!

16. Quando in una società l’ironia diviene un obbligo sociale di massa, quella società è spacciata.

17. “La chitarra elettrica è un prodotto del capitalismo,” disse.
18. Mai nella storia si è verificata una contingenza simile: tutte le nazioni contemporaneamente in crisi di identità.
19. Ogni forma di demo-crazia è sempre e comunque una espressione del KRATOS, la potenza, fratello di BIA, la forza violenta.
20. Da noi quando uno dice “in Italia non c’è democrazia” in realtà intende “io non sono al potere ma vorrei tanto andarci”.
21. Gli intellettuali più o meno influenti che parlando della democrazia odierna evocano sempre l’Atene di Pericle come società aperta, ecc., si ricordino che quell’Atene era una società a base schiavista, ed estremamente aggressiva verso l’esterno, ben più della non-democratica Sparta, e che fu essa a scatenare la terribile guerra del Peloponneso (che perse). Ci si ricordi che democrazia e pace, fin dall’inizio, non sono equivalenti, per nulla affatto.
22. Nessuno, mai, evoca l’interesse del Paese se non pensa che coincida col proprio particolare. Nessuno, mai.
23. Non è facile trovare oggi fra noi persone anziane a cui si possa riconoscere una personalità matura, nelle quali la decadenza del corpo corrisponda ad una piena maturità dello spirito. Il giovanilismo ideologico imperante accentua questa difficoltà. Come se la norma per un frutto fosse arrivare alla putrefazione da acerbo, saltando la fase del profumo e della dolcezza. Perché il fenomeno non riguarda un frutto singolo, per accidente, ma tutti quelli dell’albero occidentale.
24. DIO 1 e 2. Perché, riducendo la cosa in sé enorme ai suoi minimi termini concettuali, per una certa visione teologica il Dio-Vendetta e il Dio-Amore non possono essere lo stesso Dio, e quindi il Dio-Vendetta, ben presente nelle Scritture, è accantonato; mentre per l’altra visione teologica il Dio-Vendetta è nello stesso tempo anche il Dio-Amore, e la dimensione della vendetta è ineliminabile. Oggi nella Chiesa Cattolica sono compresenti entrambe le visioni, ed entrambe presentano problematicità e aporie. La seconda appartiene a quella che io chiamo la Destra cattolica, oggi minoritaria ma nel corso della storia prevalente.
25. CREDERE, PENSARE. Mi ha sempre colpito il fatto che nel comune discorrere pensare e credere, che in teoria dovrebbero indicare atti differenti, appaiano totalmente intercambiabili. La stragrande maggioranza delle volte in cui noi usiamo uno dei due verbi potremmo infatti usare l’altro. Provate a farne esperimento consapevole: sostituite “credo che” a “penso che” e vedete cosa ne consegue: in genere nulla, il significato che attribuiamo è lo stesso. Chiedetevi dunque quale esso sia. Io penso che non sia un’operazione così semplice. Anzi, lo credo.
Ma ciò che interroga il senso comune e la comune percezione del valore e del significato delle parole che usiamo, si transvalora, per così dire, nel linguaggio teologico che produce testi che vengono sottoposti ad un atto di fede. Il quale atto, sebbene la predicazione cattolica attuale più diffusa tenda a tradurlo in mero atto di fiducia, mantiene una fortissima ed evidentissima componente intellettuale. Al fedele è chiesto non solo di affidarsi a Dio con quella fiducia ma di credere ad un Figlio “della stessa sostanza del Padre”, “Dio da Dio”, “generato, non creato”, ad uno Spirito “che procede dal Padre e dal Figlio”, ecc.
Credere alla processione dello Spirito (vorrei tanto sapere quanti fedeli saprebbero dire cosa significhi…) è atto differente, e in che cosa, dal pensare che lo Spirito proceda? O forse il Credo proclamato è un atto di fiducia nella verità della Tradizione, ovvero nella istituzione che ha tramandato quelle formule come vere, e qui allora il credere-fiducia e il pensare divergono radicalmente?
Il fatto che gli intellettuali cattolici, con rare eccezioni, continuino a lasciare totalmente nelle mani del clero ogni riflessione sulla questioni sostanziali e radicali della fede e della religione, relegando il proprio pensiero alle questioni della società, della politica, ecc., mi pare molto grave. Ma forse questo è nella natura più profonda e immutabile del cattolicesimo come si è venuto strutturando nei secoli. In definitiva, la questione alla base di tutto è quella del Sacro, e di chi lo amministra.
26. Il compratore di anime le paga con cipolle d’Egitto, e tutti gli vendono le loro.

Oscillazione

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Il piccolo borghese oscilla continuamente tra il rifiuto ideologico delle ideologie e la fascinazione del totalitarismo: ciò che non lo abbandona mai è la paura di essere annientato, il bisogno di Grandi Capi e di capri espiatori, insieme al disprezzo per l’intelligenza critica, per la cultura alta e le culture altre.
Tutto cambia, e tutto cambiato ritorna. Intenda chi può.

Genocidio?

bashar-al-assad-siriaÈ più grave il massacro indiscriminato o il genocidio? Sono due forme dell’orrore totale, ma distinguerli è assolutamente necessario. Insisto: in un’epoca e dentro una cultura che stanno precipitando nell’indifferenziazione, occorre distinguerli ad ogni costo. Si dà genocidio quando esseri umani sono sterminati perché appartengono ad una stirpe, ad un genos odiato dallo sterminatore, a prescindere da religione, politica, economia, ecc. I nazisti sopprimevano gli Ebrei poveri, ricchi, di destra, di sinistra, atei, religiosi, ecc. Se una città è abitata da bianchi e neri e un tiranno decide di sopprimere tutti i neri per il solo fatto che sono neri e non bianchi, quello è un genocidio. I moventi secondari, che si intrecciano fino a portare a quello sbocco, e che potremmo chiamare pre-moventi, qui non contano più.
Quello degli Armeni è stato un genocidio, come quello degli Ebrei, dei Tutsi, ecc. Invece gli sterminii nei gulag comunisti prescindevano dall’appartenenza etnica, e per questo, sebbene abbiano comportato la fine di milioni di esseri umani, non possono essere definiti genocidio.
Quello che avviene ad Aleppo, dunque, non è un genocidio, ma un orribile massacro. Assad e i Russi hanno bombardato spietatamente la città perché militarmente, secondo loro, non vi era altro modo di riprenderla, e non già perché fosse abitata da una razza odiata dal capo del regime, e nemmeno per motivi religiosi. Sappiamo, anzi, che sotto quel regime il livello di tolleranza religiosa era singolarmente alto per un Paese prevalentemente musulmano. Viceversa, un sunnita fedele era premiato, e un alawita oppositore tolto di mezzo. Quelli che non erano e non sono tollerati da Assad sono infatti gli oppositori politici. Il trattamento riservato a questi fa orrore ad un democratico occidentale, ma non è genocidio. Assad non faceva eliminare nessuno in quanto sunnita o cristiano, ma solo in quanto oppositore al regime.
Genocidio non equivale a sterminio di massa, non sono fattori quantitativi a determinare la differenza tra strage e genocidio, ma il fine per cui sono perpetrati, l’intenzione che anima l’azione violenta.
Sono fortemente preoccupato dalla degenerazione della cultura dominante, che si sta trasformando in qualcosa di amorfo, in cui ogni parola è intercambiabile, e che è disponibile per questo ad ogni manipolazione.

GRANDE NUBE, PICCOLI DEI

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Chi crea un blog o un profilo Facebook spera di radunare intorno a sé molti, per quanto fantasmatici siano e si manifestino solo con commenti e like. Spera dunque di diventare un centro di attenzione e di gravitazione, per quanto piccolo. Nel contempo, chi viaggia attraverso i social media, sovente anche in forma non identificabile, si sente al sicuro, e quindi in grado di attaccare senza rischio con violenza verbale questo o quello, oppure di assistere a scontri di altri, godendo di una immunità impossibile nel mondo non-virtuale. Si tratta dei due aspetti di una condizione analoga per alcuni versi a quella degli antichi Dei, che potevano assistere dall’Olimpo alle vicende dei mortali, talora divertendosi molto, o intervenirvi direttamente, a piacere, assumendo varie forme e mutandole a volontà.
Una funzione essenziale dei social media è, in effetti, quella di far circolare il risentimento, che i rapporti sociali ad ogni livello generano incessantemente, un risentimento che, ad evitare l’implosione della struttura sociale stessa, deve trovare forme di sfogo limitate e controllabili. Al di là del soddisfacimento dei bisogni fisici primari, una tendenza fondamentale di ogni essere umano – che non esiste come individuo isolato, come monade, ma sempre in un tessuto di relazione – è quella a collocarsi nel Centro. A tutti i livelli, dalla famiglia al piccolo gruppo, allo Stato, si ripete sempre questo schema: vi è un Centro e vi è una Periferia, e il potere e il sacro si irradiano dal centro verso la periferia e nel contempo attirano gli elementi periferici verso il centro.
Il Centro è anche un luogo pericoloso, perché è il luogo del sacrificio e della morte. Il gruppo primitivo di umani si riunisce intorno al cadavere. La città greca, la polis, non sta senza l’altare del sacrificio. Il potere politico e il sacro, come si vede ancora nelle cerimonie che evocano il sacrificio di quell’eroe, la morte di quella vittima, sono contigui ancora oggi.
Poiché ogni emergere di un singolo o di un gruppo all’interno della società genera in-vidia (cioè uno sguardo d’odio che facilmente si potrebbe tradurre in violenza), tutte le società, e massimamente una società complessa e variegata come la nostra, secernono continuamente anticorpi religiosi e ideologici al dilagare del risentimento. E spesso, come è proprio di ogni pharmakon, la stessa cosa che veicola il male è ciò che, secondo certe modalità e dosi, lo cura.
Perciò, non è il caso di inveire troppo contro la violenza verbale e la volgarità di infiniti personaggi che si muovono nei social. Anche i troll e gli urlatori di insulti e invettive svolgono una funzione importante, sono necessari a impedire lo sprofondamento del Sistema in un caos micidiale.

Destra cattolica, Putin & Trump

trumpgamConosco molti cattolici di destra che detestano il papa oggi regnante Bergoglio, e amano di un tremendo amore il russo-ortodosso Putin e il pagano Trump. Può sembrare una stranezza, ma ha una sua logica, ferrea. Il cattolico di destra medio ama infatti il papato come istituzione solo in quanto summa auctoritas, perché ha un disperato bisogno di sentirsi soggetto ad una potente figura autoritario-vendicativa qui e ora operante, dentro il mondo mondano. Il cattolico di destra è una persona il cui tratto caratteristico è il risentimento, che sublima in quella che potremmo chiamare una trascendenza della condanna. Desidera più di ogni altra cosa non la conversione, che non crede possibile, ma la punizione dei malvagi, dei negatori di Dio, dei non obbedienti, e dunque dei differenti da lui. Per questo, l’atto che il cattolico di destra maggiormente brama veder compiere dal successore di Pietro è quello della scomunica. Scomunica, cioè espulsione del radicalmente e irrimediabilmente diverso dalla comunione degli uguali, l’esatto opposto della accoglienza di cui parla continuamente Bergoglio. Putin e Trump sono visti entrambi come potenti uomini di spada, pronti a usare le armi contro chi ci minaccia, e a restaurare l’ordine patriarcale. I loro peccatucci con le donne, e anche fatti ben più gravi, passano in secondo piano, perché il cattolico di destra vede il trono papale come un trono di spade.