Dialogo sulla Lega Nord

Caio: buondì, caro Mevio! Che ne dici se oggi proviamo ad affrontare un tema che l’altro giorno, quando ci siamo intrattenuti sullo stato della politica nel Bel Paese, abbiamo soltanto accennato?

Mevio: provo a far mente locale, caro Caio. Forse ti riferisci al fenomeno del leghismo?

Caio: hai indovinato. I successi elettorali riportati da questo partito di estrema destra perfino nelle regioni un tempo definite ‘rosse’ e la capacità di influenzare la politica nazionale e di catturare il voto operaio impongono una disàmina tanto più accurata di questo fenomeno quanto maggiore è la nostra consapevolezza che la ricostruzione della sinistra e, all’interno di quest’ultima, di un partito comunista adeguato alla fase storica, passa anche attraverso la capacità di sfidare la Lega sul suo terreno, riconquistando posizioni al nord, nelle zone più industrializzate e, quindi, strategiche del nostro paese.

Mevio: questo è fuor di dubbio. Per farlo, però, dobbiamo capire che cosa sia la Lega, quali siano i suoi punti di forza e i suoi  punti di debolezza. Avanzo dunque, per indicare una direttrice alla nostra discussione, la tesi che segue: la Lega è un partito razzista di massa paragonabile al fascismo, che, pur manifestando alcuni punti di contatto con quel precedente storico, presenta anche degli aspetti nuovi che lo differenziano dal fascismo classico.

Caio: la tua tesi mi sembra un po’ ardita, ottimo Mevio. Ti faccio osservare che, a parte i militanti di questo partito, che sicuramente respingono, a torto o a ragione, in buonafede o malafede, questo tuo accostamento, vi è un buon numero di persone orientate in senso democratico e progressista che non ritengono che il leghismo abbia un’anima fascista (ricordi la famosa definizione dalemiana della Lega come ‘costola della sinistra’?). Inoltre, le storie politiche dei suoi leader sono le più disparate: si va dall’estrema sinistra di un Maroni (ex Dp) alla sinistra di Bossi (ex Pci), da ex democristiani e liberali all’estrema destra di Borghezio o di Tosi, sindaco di Verona. Senza contare che questo partito raccoglie voti persino nelle file della classe operaia…

Mevio: ti potrei rispondere, caro Caio, che la Lega è una ‘costola della sinistra’ nello stesso senso in cui anche il fascismo, all’inizio, si presentò (e fu scambiato per) un movimento genericamente di sinistra: il suo fondatore non era stato forse il capo dell’ala più radicale del partito socialista e il programma dei “Fasci di combattimento” non aveva forse un carattere socialisteggiante? In realtà, anche il fascismo e il nazismo, facendo leva sulle spinte più corporative presenti nel mondo del lavoro e sulla suggestione esercitata da un’ideologia di tipo comunitario, hanno trovato consensi tra la classe operaia dei rispettivi paesi e questo è stato uno dei fattori che hanno permesso a quei movimenti di giungere a conquistare  il potere.

Caio: d’accordo. Provo a seguire il filo del tuo ragionamento. Tu sostieni che la Lega ha reso attuali le dottrine del fascismo e del nazionalsocialismo tedesco (non nel senso della potenza imperiale romana o in quello della superiorità di una razza ma) nel senso della capacità di essere un moderno partito popolare di estrema destra impegnato a rappresentare una determinata comunità. Forse, di fronte a una sinistra che ha abbandonato il principio dell’interesse di classe inteso come espressione della solidarietà tra i lavoratori e ha sposato un’indistinta etica dei diritti, è proprio qui che andrebbe ricercata la ragione per cui interi strati di lavoratori salariati del nord guardano con interesse alla Lega, come dimostra la doppia identità che si registra fra quei lavoratori iscritti alla Cgil che sono anche militanti o elettori della Lega. Vorrei però farti osservare che il programma della Lega Nord esprime non soltanto ‘valori’ di tipo fascista, ma anche, se si guarda al federalismo e, tanto per fare un esempio, alla richiesta della elezione popolare dei magistrati, valori di tipo liberale e democratico.

Mevio: attento, caro il mio Caio, a non prendere lucciole per lanterne. Come il fascismo, la Lega mira a destrutturare l’ordinamento costituzionale, anche se non in forme apertamente violente (credo che, per ora, la guardia padana sia stata parcheggiata in qualche valle del Bergamasco e non mi risulta che le ronde abbiano avuto un grande successo in termini di adesioni). Come il fascismo, la Lega propone uno sbocco reazionario a uno stato di profondo disagio e di crescente malessere diffuso nella società italiana. Come il fascismo, la Lega agisce per disgregare la coscienza e l’organizzazione della classe operaia, mirando a costruire un blocco interclassista dominato dall’impresa e basato sulla cooptazione corporativa della classe operaia. Infine, come il fascismo ai suoi inizi, essa è un tipico rappresentante dei ceti intermedi della società, cioè della piccola e media impresa.

Caio: queste analogie (o forse dovrei dire omologie?) non mi persuadono. Scusa, Mevio, la polemica della Lega contro il cosiddetto ‘mondialismo’ non prova forse che la Lega, a differenza del fascismo, non si presta al gioco del grande capitale finanziario e, anzi, combatte la grande impresa? Inoltre, mentre il fascismo propugnava una politica fondata sul nazionalismo e sul centralismo, che condurranno in linea diretta al rafforzamento del capitalismo monopolistico di Stato e alle avventure imperialistiche, la Lega riflette nel suo ‘modus operandi’, oltre alla xenofobia, due aspetti profondamente radicati nella storia del nostro paese: il regionalismo e il localismo.

Mevio: attento a non confondere il fenomeno con l’essenza, la propaganda con gli atti concreti, la forma con il contenuto! La Lega Nord è il prodotto delle differenze e  degli squilibri ìnsiti nella struttura economica e sociale del nostro Paese. È quindi  presa nella morsa delle contraddizioni generate dal mercato mondiale e dall’Unione europea. Tieni presente, poi, il problema del nanismo manifatturiero dell’Italia, paese caratterizzato, rispetto a paesi più avanzati, da una plètora di piccole e piccolissime aziende, che occupano un settore consistente dei lavoratori salariati. Questa costellazione di piccole imprese, moltiplicàtasi per effetto delle ristrutturazioni e delle esternalizzazioni della grande impresa, ha potuto prosperare non perché “piccolo è bello”, ma perché ha approfittato del lavoro nero (fornito specialmente dagli immigrati stranieri), dei bassi salari e, soprattutto, dell’evasione fiscale.

Caio: il problema non è confondere, ma distinguere e collegare, da un punto di vista dialettico, il fenomeno e l’essenza, la propaganda e gli atti concreti, la forma e il contenuto. In sostanza, quella che stai segnalando è una contraddizione tra la piccola e la grande borghesia. Sennonché vale la pena di rilevare che la Lega, paradossalmente, è la parte più consapevole del paese, quella che accetta la nuova fase imposta dal carattere globale della crisi e della competizione compiendo tutte le necessarie scelte radicali: dalla guerra economica a quella di civiltà. Non a caso il punto di riferimento della Lega è l’‘intellettuale organico’ della destra governativa: Giulio Tremonti, il personaggio che maggiormente incarna lo spirito che combina protezionismo popolare e strategie politico-economiche internazionali del nostro paese.

Mevio: concordo, in questo caso, con i tuoi rilievi e, dal canto mio, sottolineo, sempre da un punto di vista dialettico, lo strano fenomeno per cui, da un lato, abbiamo una maggiore capacità di penetrazione dentro lo Stato unitario da parte di ministri e figure istituzionali del gruppo dirigente leghista (oggi hanno addirittura il controllo di una rete televisiva nazionale), mentre, dall’altro, persiste quell’identità forte, di impronta popolare, che permette a questo partito di farsi percepire come ‘rivoluzionario’ rispetto al consociativismo degli altri partiti in quanto saldamente ancorato alla sua base sociale e alla sua comunità territoriale. Sulla “Padania”, ad esempio, in nome di un popolo che lavora e che vuole produrre ricchezza vengono attaccati gli operai che organizzano picchetti e vengono difesi i crumiri…

Caio:…e, se esistono contraddizioni, queste sono dovute, secondo la propaganda leghista, alla voracità del ‘mondialismo’ o ai ‘nuovi barbari’, gli extracomunitari.

Mevio: la Lega è una forza disgregatrice e, al tempo stesso, conservatrice e reazionaria, in realtà inadeguata rispetto alla fase storica di mondializzazione e crisi. Essa, infatti, mira a mantenere una struttura delle imprese inefficiente e l’anarchia della produzione e del mercato capitalistico nella sua forma più pura. Tutto ciò in un periodo storico in cui appare evidente la necessità di un rinnovato ruolo dello Stato nazionale e di politiche industriali che promuovano la ripresa e lo sviluppo, riducendo quegli squilibri che sono dannosi per tutto il paese e non solo per una sua parte.

Caio: in effetti, il cemento che tiene insieme il popolo leghista è costituito dalla xenofobia e dalle tasse. Eppure, questi cavalli di battaglia, se osservati con attenzione, si rivelano deboli e contraddittori. La Lega e la destra in più di quindici anni di governo non hanno fatto nulla né per risolvere il problema dell’immigrazione (lo hanno invece aggravato, criminalizzando il fenomeno) né per andare, in materia di riforma fiscale, oltre la propaganda spicciola.

Mevio: far saltare il cemento che tiene assieme il blocco leghista vuol dire, allora, non solo svelare la contraddittorietà e la dannosità di una simile impostazione, ma anche rovesciarla in senso classista. Contrastare oggi la Lega richiede infatti la capacità di porre in contraddizione la sua base sociale (la piccola e media impresa) con la sua base di massa (i lavoratori salariati e anche quella parte del ‘popolo delle partite Iva’ che è formata da lavoratori salariati fatti passare per lavoratori autonomi). Occorre organizzare, dandogli forza e identità, quel soggetto sociale che da un lavoratore leghista è visto come il nemico e dimostrare, sul terreno di classe, che la forza del suo ‘nemico’ può diventare la sua forza futura.

Caio: ma per fare ciò che dici occorre una sinistra degna di questo nome e un vero partito comunista…

 

 

 

 

24 pensieri su “Dialogo sulla Lega Nord

  1. Eros Barone è interessante nelle sue analisi (che per questo ospito volentieri, non condividendole in nulla), per il fatto di impiegarvi con assoluto rigore un metodo e delle categorie arcaiche, che non gli permettono di comprendere la realtà effettuale, ma lo portano a costruirsi un mondo che possa essere ospitale per quelle categorie stesse. Accade infatti che gli umani si affezionino alla propria visione del mondo in modo viscerale, e che facciano di tutto per non rinunziarvi. Accade lo stesso agli psicoanalisti nel caso dell’autismo, che ha palesato l’inconsistenza scientifica della gigantesca elaborazione mitico-letteraria della psicoanalisi.
    Sulla Lega io, che vivo nella città più leghista d’Italia, posso dire con sicurezza una cosa: che non è un partito fascista, totalitario, e nemmeno razzista. Che è un partito interclassista, molto simile nella sua struttura di fondo alla vecchia DC veneta, dalla quale proviene buona parte della sua base. Che ha una classe dirigente con la quale si può benissimo dialogare, e che non ha nulla di estremistico, al di là di certi eccessi verbali di alcuni pittoreschi ma non sostanziali rappresentanti.

    D’altra parte, è mia ferma convinzione che la denominazione “partito comunista” susciti oggi in quasi tutti gli Europei una reazione di rifiuto e disgusto (pienamente motivata da una storia di orrori e fallimenti, questa sì segnata dal totalitarismo e dalla persecuzione), e pensare di raccogliere consenso di massa intorno ad una formazione tradizionalmente comunista sia un’ assoluta illusione.

  2. Oibò, viviamo nella stessa città, eppure abbiamo conosciuto due “Lega Nord” diverse…
    io ho conosciuto i leghisti del “mandiamo gli extracomunitari a casa loro, perché puzzano, rubano ai nostri vecchietti e ci tolgono il posto di lavoro”. Ho conosciuto i leghisti che anni fa hanno comprato una banca per farne la banca di partito, con la quale finaziare l’acquisto di armi per la secessione (fortunatamente la banca è fallita, e ovviamente la cosa è stata messa a tacere). Ho conosciuto i leghisti che vietano di fare campagna elettorale per un candidato di altri partiti (o con loro, o zitti) sotto la minaccia di non fornire più appalti o commesse; Io ho conosciuto la lega che si compra voti e iscritti con promesse di posti di lavoro presso ditte e imprese di loro fedelissimi. Ho conosciuto la lega che promette a giornalisti locali (pavidi) di impedire loro di scrivere se dovessero pubblicare determinate notizie. Ho conosciuto i leghisti che per mettere a tacere le persone cercano di comprarle, e quando non ci riescono usano come intermediario il datore di lavoro (connivente) delle persone che vogliono zittire.

    La lega gioca sulla xenofobia, ingrandendo il problema, per raccogliere voti sulle paure della gente. La lega si gioca la carta del federalismo (che pure non è da buttare come proposta) per fare leva sull’ingordigia della gente e sul loro desiderio di “schèi”. La lega finge di essere dalla parte di tutti, ma fa gli interessi solo del proprio clan di commercianti e imprenditori (che non sono tutti brutti e cattivi, ma che sbandierano il federalismo perchè i soldi restino nella verde Padania, e intanto evadono il più possibile). Si veda poi il caso delle discariche e delle fidejussioni che sparivano (così gli introiti della discariche vanno ai privati, e i cittadini devono pagare le bonifiche).

    Non mi interessa classificare la lega come “fascista” o “razzista” o qualunque altra etichetta. Mi basta dire che a me spaventa per i suoi modi para-mafiosi.

  3. Per chiarezza concettuale: un conto sono i “modi para-mafiosi”, che comunque hanno molto a che fare col “carattere nazionale” e si possono ritrovare in ogni ambiente e in ogni partito, un altro conto è la questione dell’estrema destra, del fascismo, ecc.

  4. Vivendo e vedendo il mondo dalla regione più “comunista” d’Italia, mi permetto di suggerire un’ipotesi, a supporto della quale potrei riportare molti aneddoti e storie di conoscenza personale; ma gli aneddoti non fanno “storia”, nè “sociologia” e tanto meno “partitologia”.
    Non deve stupire che la Lega faccia proseliti nella classe operaia; e che tanti che votavano PCI oggi siano passati alla Lega; le idee e le convinzioni di molti di costoro sono sempre le stesse (razziste e xenofobe, forse): lo strano è con simili idee votassero Togliatti, poi Berlinguer, D’Alema, Veltroni….senza accorgersi della differenza.
    Una piccola notazione semantica: avete notato che si accusa la Lega di istanze separatiste, di voler disgregare l’unità dello stato e della nazione? Che idee di questo tipo siano veicolate da un movimento che si dà il nome di “lega”, è altrettanto anomalo quanto il fatto che a contrastare tali teorie “separatiste” in nome della coesione e dell’unitarietà si trovino i “partiti” che nella loro radice hanno proprio l’idea della separazione, della “parte”.

  5. Ringrazio Fabio Brotto per lo spazio che mi concede nel suo blog, nonostante che la sua concezione spiritualistica e girardiana sia agli antipodi rispetto alla mia concezione materialistica e gramsciana. Osservo, tuttavia, che egli rischia di essere ingeneroso nei confronti delle sue stesse intenzioni e di essere fin troppo estensivo nei confronti delle mie, allorché afferma che «Eros Barone è interessante nelle sue analisi… per il fatto di impiegarvi con assoluto rigore un metodo e delle categorie arcaiche, che non gli permettono di comprendere la realtà effettuale, ma lo portano a costruirsi un mondo che possa essere ospitale per quelle categorie stesse». Mi sembra infatti che qualificare il metodo dell’eurisi per opposizioni di classe e il criterio che individua il fattore determinante della dinamica sociale nei rapporti di produzione alla stregua di superfetazioni arcaiche di una “mente prigioniera” sia una mossa polemica di modesta portata concettuale, se non un argomento ‘ad personam’ che rientra nell’àmbito della eristica più che in quello della dialettica. Dal momento, poi, che non è il caso di ricordare al mio ‘hospes/hostis’ che il marxismo, fin quando esisterà la società capitalistico-borghese, è destinato a rimanere l’‘orizzonte insuperabile del nostro tempo’, mi limiterò a rispondere alla sua critica di carattere endossale con un apologo tratto dal libro “Che cos’è l’ideologia” di Terry Eagleton, che attesta la genialità logico-filosofica, non priva di un sottile ‘sense of humour’, di uno dei massimi pensatori del ventesimo secolo, Ludwig Wittgenstein. Si racconta che questi domandò a un collega perché la gente considerasse più naturale che il Sole ruotasse intorno alla Terra che non il contrario. Alla risposta che semplicemente sembrava così, domandò che cosa sarebbe sembrato se la Terra si fosse mossa intorno al Sole. L’amico Brotto, che non difetta di ‘esprit de finesse’, non faticherà a comprendere che la domanda (basata su un’ipotesi controintuitiva) con cui Wittgenstein replica alla tranquillizzante risposta del suo collega mostra che non è possibile derivare semplicemente un errore dalla natura delle apparenze, poiché in entrambi i casi le apparenze sono le stesse, e apre così la via ad un’indagine critica delle apparenze che può anche giungere a configurarsi come critica della ideologia fondata sulla spontaneità della coscienza e sulla immediatezza della percezione. Del resto, le posizioni apologetiche sono ‘volgari’ proprio perché la loro base è costituita dalla spontaneità della coscienza e dall’immediatezza della percezione. Senza uno sforzo di penetrazione critica della realtà e senza l’assunzione della categoria della possibilità non è dunque possibile sfuggire a quella situazione antinomica, descritta da Karl Marx nei “Grundrisse”, per cui «il mondo moderno lascia insoddisfatti, o, dove esso appare soddisfatto di sé, è ‘volgare’».
    Per quanto concerne la questione della Lega Nord, osservo soltanto che occorre passare dalle “armi della critica” alla “critica delle armi”, laddove con questo sintagma marxiano mi riferisco alla necessità di una mobilitazione democratica e progressiva delle masse da contrapporre, in modo organizzato, molecolare e strategico, alla mobilitazione populistica e reazionaria delle masse promossa da quel partito. In altri termini, la Lega non si combatte con gli anatemi o con i convegni sociologici, ma sul territorio; si combatte come i partigiani combattevano i tedeschi durante la Resistenza, senza mollare un solo centimetro del territorio. La Lega ha mutuato dal Pci il modello organizzativo leninista, essa tende a occupare militarmente tutte le ‘casematte’, dalle fabbriche alle banche (qui vi è la differenza rispetto a Lenin, il quale non occupava le banche, ma le scioglieva). Questa linea non ha un carattere semplicemente postulatorio, ma ha un corpo e un cervello e può quindi fornire qualche utile insegnamento a tutto il paese: è il modello ligure, che ha spesso anticipato i processi politici e sociali di carattere nazionale (basti pensare al giugno 1960).

  6. molto interessante il dotto contrappunto, in punta di filosofia e di esegesi critica.
    avendo a mala pena la capacità di decodificare certi messaggi e certe citazioni, nè tanto meno avendo la cultura per ribattere o controbattere, mi limito ad alcune chiose minime; sempre partendo dal territorio bolognese, dove alle mobilitazioni di massa si è da decenni avvezzi.
    il “contagio leghista” che ha oltrepassato il Po, è ancora di scarsa rilevanza nella provincia di Bologna, dove però i risultati elettorali danno Bossi & C. in continua progressione. Senza che, badate bene, vi sia alcun segno politico-sindacale-economico della presenza della Lega. L’opera di mobilitazione populista non esiste a nessun livello; almeno fino a questi livelli di successo elettorale (5-10%) bisogna riconoscere che si tratta di una espressione di voto del tutto spontanea; di protesta, forse; di reazione, è possibile; ma certamente non secondaria alla presenza di istituzioni, circoli, aggregazioni, centri di potere. Anzi, semmai nonostante che centri di potere, aggregazioni, enti e circoli non facciano che demonizzare lo spettro del pericolo Bossi.
    Ciò che mi preoccupa (non voglio dire che mi faccia paura) è pensare a quel che potrebbe accadere se, superata una certa soglia critica, la presenza della Lega per forza di cose entrasse nei gangli sociali ed economici, anche in una zona come Bologna con una forte tradizione “comunista”.
    Per quel che ho visto a Treviso, mi sembra che una amministrazione leghista non faccia affatto brutta figura nella gestione del problema immigrati. Almeno rispetto a quel che vivo a Bologna (con una quota di immigrati più bassa), e ancor più rispetto, ad esempio, a Prato, dove pare che l’amministrazione abbia abdicato a qualsiasi ipotesi di controllo sulla comunità cinese, oramai totalmente padrona di ampie zone del territorio.
    Una piccola provocazione: chi stabilisce il discrimine tra democratico e populistico? tra un indottrinamento e una mobilitazione progressiva (e perciò giusta ?) e una retrograda ? Stupisce (fino ad un certo punto, in realtà) che certi concetti vengano espressi in nome di un concetto, come quello di democrazia. Quasi che il voto delle masse sia giusto democratico e valido solo se corrisponde a schemi ed idee propugnate dalla élite culturalmente dotata; in caso contrario, il popolo, a maggioranza, ha sbagliato.
    E’ una storia vecchia: nel “referendum” tra Gesù e Barabba, al catechismo ci hanno insegnato che il popolo sbagliò. E invece avrebbero dovuto spiegarci che il campione intervistato non era rappresentativo e perciò il sondaggio scorretto.

  7. Molti sottovalutano il divario che corre tra populismo e democrazia, come quello tra semplificazione e liberazione. Gli elettori sono sovrani sempre, non solo quando votano politici democratici. Ma la democrazia non solo il voto. La Lega, che vuole rispecchiare ciò che c’è senza mai darsi la pena d’indirizzare i cittadini, obbedendo ai luoghi comuni ed agli stereotipi imperanti, non può che aderire alle realtà locali in modo passivo e ruffiano. Loro rivendicano d’esser chiari e precisi, di affermare poche cose ma piatte piatte, terra terra, senza voli ideologici o complessità autoreferenziali. Questo lisciare il pelo agli elettori, convincendoli di far parte di un inesistente “popolo del Nord”, di essere parte della fantomatica liberazione dell’irreale Padania, questo leccare il culo alla gente comune, non è altro che la premessa di una vera e propria presa per il culo della gente comune.
    Hannah Arendt, in apertura del suo saggio sulla verità in politica, afferma che “nessuno ha mai annoverato la sincerità tra le virtù politiche”. Nessuno, dice la filosofa, come fosse un assunto ovvio e risaputo. In politica vale l’utile, non il vero. Bisogna raggiungere il fine (che di solito è il potere) non dire ciò che è. Non c’è nulla di strano nell’appurare che “le probabilità che la verità di fatto sopravviva all’assalto del potere sono veramente pochissime”. Questo vale per tutte le epoche della storia.
    Per tornare invece ad oggi, non è la Lega ad avere inventato il populismo. I leader populisti, che possono essere di destra o di sinistra, pensiamo a Chavez, a Le Pen, a Ross Perot e a Berlusconi, hanno una ritualità comunicativa simile: l’appello adulatore al popolo (o alla società civile); l’idea ossessiva di forze malefiche da sconfiggere (la globalizzazione, gli immigrati etc.); la diffidenza verso i partiti e la politica di professione, la fiducia nelle virtù personali e carismatiche dei capi. La Lega dunque non solo lusinga e corteggia quel 70% di italiani che secondo Tullio De Mauro non sa più leggere e scrivere, ma s’inventa anche dei nemici e dei sogni per permettere ai propri militonti di non subire traumi e vedere confermati i propri interessi ed i propri valori. Insomma ad una retorica adulatoria e descrittivista si accoppia una propaganda prescrittivista e talora surrealista (la secessione, il Parlamento del Nord di Mantova, il Vaticano che finirà nel water della storia, i riti celtici etc). E non basta questo continuo ricorso alle menzogne ed ai sogni infantili per parlare di “presa per il culo”, perché è necessario ricordare anche le costanti contraddizioni di un partito che non ha mai fatto altro che fingere e cambiare idea per adattarsi al vento del momento, un partito che sa essere di governo e di lotta, che sa essere reazionario, romano e centralista dal lunedì al venerdì e antipolitico, urlone e populista nel weekend, quando torna sul territorio. Questo partito ambiguo e bifronte, lo ha scritto Ilvo Diamanti che lo ha trattato anche con indulgenza, “ha dissociato il linguaggio dalle pratiche. Ha promosso le ronde senza poi organizzarle. Ha agitato la xenofobia, permettendo l’integrazione nelle zone dove governa. (D’altronde, è difficile per una realtà di piccole imprese far marciare l’economia senza immigrati; per una società vecchia fare a meno delle badanti). Ha usato il doppio pedale dell’identità e del pragmatismo”. Questo doppio pedale è intimamente connaturato alla sua identità, perchè sa sfruttare al meglio l’insipienza e la scarsa memoria dell’elettorato che non fa mai pagare all’ipocrita tutte le giravolte interessate e le ansanti ascese sul carro del vincitore (fuor di metafora, “il mafioso di Arcore”, quello al quale venne dedicato un bell’articolo della Padania, del 27 ottobre 1998, intitolato «La Fininvest è nata da Cosa Nostra» ). Anche se la storia non si può congelare, è facile chiedere, attraverso il voto, la protezione dal cambiamento, dalla globalizzazione, dagli extracomunitari che mettono a rischio il nostro ruolo. I leghisti fanno leva sulla disinformazione, sulle carenze culturali e sulle paure della gente, dimostrandosi i più bravi nel dare risposte primitive, ma anche concrete ed immediate. Anche se non risolvono nulla, perché se lo facessero non potrebbero più sfruttare la percezione d’insicurezza costante.

  8. Su questo forum ci sono tante di quelle falsità sulla Lega Nord, tipiche del solito e secolare modo di disinformare bizantino. Ci sono molti più motivi per cui il Nord italia chieda l’indipendenza, di quanti ne possano avere l’Irlanda, la Catalunia, la rep. ceka, i Baski ecc. La differenza è che in italia è stato usato un metodo per far dimenticare le proprie radici , identità e storia, molto più strisciante e silenzioso. Una vera e propria colonizzazione culturale basata sulla censura della storia e sulle falsità. Poi togliendo i risparmi del lavoro dei Padani, per darli ad altri, e non permettere di poterli usare per i bisogni materiali e culturali di queste comunità.

  9. L’italia è irreale. E’ stata creata artificialmente e con la violenza, dai savoia e la massoneria inglese. Nessuna popolazione di queste terre, da nord asud, sentiva il bisogno di essere una nazione, anzi, hanno tutti fatto resistenza. Quindi non può esistetre una nazione così, ma solo uno stato burocratico imposto. Mentre invece la Padania esisteva già prima, come entità storico culturale ed anche di omogeneità naturale ( anche ecologica) ed etnica. Certo, magari si chiamava prima Gallia Cisalpina, poiregno Longobardo, oppure repubblica Cisalpina. Il tempo cancella le cose false, quindi L’italia si sgretolerà e la Padania sarà un’area riconosciuta ufficialmente, che si relazionerà direttamente con l’Unione Europea ( sperando che sia più democratica e meno tecnocrate di adesso), senza dover passare per il permesso di roma.

    1. Da veneziano vorrei ricordare che una Padania come totalità non è mai esistita negli ultimi mille anni, e forse mai. Sono esistiti invece alcuni Stati molto importanti, come Ducato di Milano e Repubblica di Venezia, spesso in guerra tra loro. Il confine di Venezia nella sua ultima fase arrivava al Garda…

    2. Oak, è la Padania ad essere irreale. Forse è sbagliato valutare una realtà dal suo nome, però credo sia giusto ricordare che il termine “Italia” esiste da ben più di duemila anni (seppur non abbia sempre definito lo stesso territorio), mentre quello di “Padania” è recentissimo, ed è stato inventato dalla Lega Nord.

      Gli scozzesi non hanno avuto bisogno di un partito per dare un nome alla loro terra, e nemmeno i catalani. Perchè i “padani” sì? Secondo me, esiste la Lombardia, così come esiste il Veneto (i “veneti” poi esistono da ancor più tempo degli italiani). Ma la Padania non esiste affatto. Esiste forse qualcuno all’estero che ci chiama “padani”? Credo nessuno. E non c’entra certo col fatto che non abbiamo fatto la Padania: il mondo conosce i Kurdi…esiste lo Stato dei Kurdi?

      Se nessuno straniero riconosce la tua identità, significa che quell’identità non esiste.

  10. Se ti riferisci a ufficializzazioni burocratiche è un discoerso. Però è esistita sempre di più dell’italia al momento che qualcuno ha deciso di unire forzatamente popoli diversi. Infatti i risultatim si vedono ancora adesso

  11. Tra l’altro non è un caso che i grandi ( Leonardo, Manzoni , Verdi, Giotto, Galileo ecc.), siano usciti da una realtà dove si sentiva l’appartenenza ad una cultura e la valorizzazione di essa, favorendo creatività e valorizzazione degli individui del territorio. Dopo, con la volontà di limare le differenze, si sono tolte tutte le caratteristiche peculiari ma di valore di ogni territrorio, svuotando e appiattendo tutto per dimostrare che non erano culture diverse. Il risultato è che non è uscito più niente di quel livello lì. Di sicuro ( i ducati sono arrivati dopo ), i popoli Padani hanno sempre fatto parte di popolazioni di origine europea , diverse da quelle con influenze della magna grecia o comunque meditwerranee. Infatti sia fisicamente, ma anche come carattere e mentalità sono sempre state omogenee.Le lingue parlate fanno parte dello stesso ceppo, quelle che vengono chiamate dagli storici ” gallo-romanze”. Ed anche lo stato italiano ha sempre sottolineato la differenza tra Padania e il mezzogiorno, visto che per 60 anni ha prelevato di qua per dare al mezzogiorno, invece di trattare i propri cittadini alla stessa maniera. anche le leggi vengono fatte ruspettare in maniera diversa. quindi la Lega vuole solo ufficializzare una diversità che c’è da sempre. Perchè se non si ufficializza andrà avanti sempre così. LO stato ci ha dato solo problemi ed invece di migliorare le zone che non funzionavano sta rovinando anche quelle che sono sempre potute stare al passo con gli altri stati europei,e non è per caso, ma per mentalità. Noi europei lo siamo sempre stati, sono altriche si sentono più pelansgici. quindi…

  12. Non v’è alcun dubbio sul fatto che per un veneziano di quattrocento anni fa la Patria fosse Venezia, non la Padania (e neppure il Veneto, a dire il vero). D’altra parte, osservo che, se ci si proietta nei millenni passati, cosa sempre sconsigliabile quando questo avviene in funzione della politica odierna, bisogna dire che Celti e Germani sono stirpi ben diverse (e la Lombardia prende nome dai germanici Longobardi, non dai Galli).
    Infine (pur non amando io molto lo Stato unitario e le sue imprese belliche), devo dire che non sono a conoscenza di secessioni indolori e senza spargimento di sangue. E i miei leghisti trevigiani, ad esempio, son gente pacifica, nemmeno disposta a fare le famose “ronde”, per la solita tradizione dell’ “armiamoci e partite”.

  13. Le regioni sono state create negli anni 70.Infatti la zona del Piemonte fin quasi al sesia, si parla il milanese e non il piemontese, perchè faceva parte del ducato di Milano. Ma il ducatodi Milano ha preso i suoi confini dalla Gallia Cisalpina, che comprendeva anche il Canton Ticino. Ci sono meno differenze tra Galli e Germani di quante ce ne sono da sempre tra italiani del nord e italiani del sud. La Slovacchia e la rep. Ceka hanno fatto qualche anno fa la secessione senza rompere neanche un bicchiere. L’Ucraina? Ce ne sono diverse. Comunque il fatto che uno sia disposto a rischiare più o meno, non vuol dire che non sia giusto chiedere di secedere. L’autodeterminazione dei popoli è un diritto internazionale. Oppure pensi che sia giusto che il Tibet sia trattato così? Non si tratta di millenni, ma di solo 150 anni, perchè l’unità ( che tra l’altro non c’è mai stata) d’italia tutta qua, oltre a non avere vere fondamenta. Non si può continuare una cosa che si sa che è sbagliata.

  14. La Lega non è di destra. Nella Lega ci sono persone che provengono da diverse esperienze ideologiche e di movimenti, che hanno capito che è il sistema italia il vero problema. Persone che non credono più che si possa migliorare il paese tutto insieme. Persone che hanno capito che prima si fa una nuova nazione,che per noi è la Padania,e poi si potrà tornare a votare partiti politici. La Lega Nord è un movimento di liberazione da uno stato mafioso ed irrecuperabile.

  15. Beh, Pistolato, se preferisci la violenza e la guerra al partito politico… Tutti i popoli prima di affermare la propria esistenza erano censurati dalla autorità ufficiali e quindi dai mass media. Infatti da quando i mass media sono diventati meno controllabili dai governi, tutti cinoscono Umberto Bossi e la rivendicazione di autonomia della Padania ( durante le ferie di 2 anni fa ho conosciuto un Galiziano che mi diceva avere molta simpatia per il fatto che il nord italia capiva le loro battaglie perchè anche qui c’era questa esigenza). Ci sono dei libri di parecchio prima che uscisse la Lega di Bossi ( perchè la Lega, anche se sopita, è sempre esistita da Alberto da Giussano in poi), che parlano di Padania, come territorio, come entità etno culturale, come macro-regione economica, come zona ecologica e climatica omogenea, come influenze mitteleuropee e nordeuropee anche recenti( longobardi, walser, francesi, austro-ungariche), e più antiche ( cimbri, germani, camuni, galli) che hanno forgiato nei millenni il carattere di queste genti, la mentalità, letradizioni ecc. La tipica polemica tra polentoni e terroni non è stata inventata dal niente. Semplicemente due aree europee diverse, non si tratta di migliori o peggiori, ma semplicemente diverse. E non ci sarebbe niente di male, nessun antagonismo. I problemi sono stati creati da qualcuno che si è messo in testa di cancellare la storia e cultura di entrambi, per costringerli a vivere insieme, cercando di inventare un finto tipico italiano. Poi se permetti non devono essere altri a dire se tu esisti o no. Il Tibet esiste? se lo chiedi ad un cinese ti dice di no. Fino a qualche anno fa esisteva la rep. ceka e la slovacchia? L’italia prima che venisse inventata nessuno la chiamava così, ma tu la vuoi riconoscere nonostante sappiamo tutti come è stata fatta ( c’è differenza tra stato e nazione, l’italia non è una nazione).quindi non capisco perchè ti rifiuti di riconoscere quello che addirittura esisteva prima dell’unificazione non certo voluta dalla gente. E’ una rigidità che non porterà a niente.

  16. A mio parere l’Italia è un Paese con molteplici differenze, ma con un’unica anima. Le molteplici differenze si sposano con una struttura costituzionale di tipo federale, che in verità non abbiamo mai avuto. Il centralismo ha fatto danni enormi, ed è necessario evolvere verso una nuova forma di Stato.

    Scommetto che il mondo non capirebbe due Italie.

    E cosa dire di Dante, che parlava di Italia anche quando eravamo divisi in comuni, ducati, contee e regni? E dire che oggi la sua Firenze figura nelle cartine leghiste della Padania…

    A mio parere serve un’Italia più federalista, non certo una Padania.

  17. Un antico proverbio dice; ” Dopo aver creato tutte le cose, il Buon Dio cominciò a dare loro dei nomi e disse loro: Siete vive perchè avete un nome. Il vostro nome è la vostra anima. Non fatevi togliere il nome operchè sareste morte. Non fatevi cambiare il nome perchè sareste schiave di chi ve lo ha cambiato”.
    Non è un caso che quandoqualcuno si impossessa di un territorio altrui faccia di solito due cose per cominciare: costringe i nuovi sudditi a parlare la sua lingua e cambia i nomi dei posti, perchè la lingua e la toponomastica sono il più forte deposito di cultura e di identità. Lo hanno fattoanche gli italiani imponendo la lingua toscana e ITALIANIZZANDO TUTTI I NOMI DEI POSTI.

  18. Il riconoscimento delle differenze cultirali va sottolineato, infatti a me preme di più una secessione culturale che istituzionale.

  19. ” Appena in tempo,
    prima che le nostre cose ci fossero estranee,
    prima che fossimo estranei gli uni agli altri,
    siam tornati a casa ”

    Umberto Bossi

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