Gioberti, Mosca e Gramsci sono gli autori su cui si sofferma l’importante appendice del De philosophia italica. Vander li utilizza per mettere in luce il carattere ideologico (borghese) della teoria della classe politica, sposando risolutamente l’analisi gramsciana ed affermandone l’estrema attualità, come si vede nell’uso cardinale del concetto di egemonia.
La dottrina anti-liberale ed anti-democratica della “classe politica” culminava in un fallimento epocale (senza per altro che questo impedisse agli equivoci non risolti del liberalismo antidemocratico italiano di continuare a far danni per lunghi decenni dopo il 1945 e anzi fino ad oggi).
Si tratta in effetti dell’esito di svariati secoli di pensiero politico nazionale, riassuntisi però particolarmente negli ultimi centocinquant’anni in una ideologia italiana che ha saputo garantirsi un interminabile ciclo egemonico a costi però altissimi per il sistema, cioè al prezzo di una democrazia che il nostro liberalismo ha tenuto inchiodata ad una eterna incompiutezza. (p. 174)
A me il concetto di incompiutezza, che presuppone quello di compimento, cioè di una perfezione raggiunta, appare non meno problematico di quello di rivoluzione. E penso che stia qui l0 hic rhodus per Fabio Vander.
5 – fine