In questi giorni si dibatte sui cani pericolosi. Prevalgono, ovviamente, le posizioni più irrazionali, tra le quali la più ricorrente ed esemplare è quella che si condensa nella frase “non sono i cani ad essere pericolosi, ma i loro padroni”: ovvero non esistono razze più o meno aggressive, ma “anche un barboncino può mordere”. Potrebbe essere ritenuto sorprendente che in una fase storica in cui tutti i comportamenti animali ed umani (compreso l'”orientamento sessuale”) vengono ricondotti a fattori genetici, questi siano esclusi a priori dal discorso sull’aggressività canina, che invece deriverebbe solo dalla relazione (dis) educativa imposta dal proprietario. Il tutto non si può comprendere se si prescinde dal vasto quadro offerto dal prevalere nell’Occidente contemporaneo di logiche vittimarie, secondo le quali ogni fenomeno negativo deriva dall’oppressione esercitata dai poteri consolidati, su categorie sociali, sull’ambiente, sugli animali, sui diversi, ecc. ecc.. La vittimizzazione è universale, e universalmente rifiutata. Ma questo genera il venir meno di ogni differenza. Come le razze umane sono uguali, anzi non esistono più, per cui non si può nemmeno dire che i Finlandesi sono biondi e chiari e gli Aborigeni d’Australia hanno tratti somatici inconfondibili, così anche le razze animali. Fra poco anche per i cani non si potrà più parlare di razze, ma bisognerà usare un altro termine corretto socialmente accettabile, e non si potrà nemmeno sostenere che vi siano tipologie di cani con differenti attitudini. Per cui infine, ad esempio, la museruola è strumento inaccettabile, e infatti a dispetto di recenti norme nessun proprietario la impone al suo cane, fosse anche un dogo argentino a spasso tra i giochi dei bambini in un parco pubblico.
Ma la genetica (quello che si chiamava il sangue) e la selezione non sono uno scherzo. Si può forse andare a caccia di quaglie con un pastore tedesco? No, per quando lo si addestri, non ha la disposizione alla ricerca e alla punta degli uccelli. Ugualmente, un setter non imparerà mai a guidare un branco di oche verso un recinto, come fa un border collie, perché la selezione gli ha conferito altri istinti, su cui l’educazione potrà lavorare, ma solo assecondandoli. Se desidero un cane da addestrare per la mia difesa personale non posso acquistare un esemplare di una razza qualsiasi, ma dovrò sceglierne una che sia predisposta a ricevere un addestramento che implica, in determinate circostanze, l’attacco all’uomo. Idem per la guardia. Vi sono razze come i cani da slitta che non hanno alcun senso del territorio, e altre che sono iper-protettive e ipervigilanti, e così via. Vi sono razze selezionate per combattere (contro lupi e orsi a protezione del gregge, o contro altri cani), e quindi particolarmente portate alla lotta, vigili e aggressive. Vi sono i cani da presa, il cui morso è micidiale, e che una volta azzannatato un rivale o un uomo, non mollano più. Dire, come anche ha affermato la sottosegretaria Martini, che “anche un barboncino può mordere”, è una fesseria. Come infatti si può paragonare, guardando alle conseguenze, il morso di un barboncino a quello di un mastino? E provi la stessa sensazione entrando in una casa in cui ci sono due bassotti (che alla tua gola non arriveranno mai) e in quella in cui ci sono due rottweiler, che se gli gira storto possono farti a pezzi? Io sono un cinofilo, e amo i cani, ma proprio per questo so che bisogna usare accortezza. Se passo accanto ad un giardino dove un setter irlandese viene a scodinzolare ai passanti so che posso tranquillamente accarezzarlo, ma se il cane è un pitbull non allungherò la mano.