L’esito relativistico del razionalismo ha tuttavia radici ben salde nell’antico. Scrive Theodor W. Adorno: “Ogni psicologia, a cominciare da quella di Protagora, esaltando l’uomo con l’affermazione che egli è misura di tutte le cose, ha fatto di lui, nello stesso tempo, l’oggetto, il materiale dell’analisi, e, una volta collocatolo tra le cose, lo ha assegnato alla loro nullità [c. mio]. La negazione della verità oggettiva attraverso il ricorso al soggetto include la negazione di quest’ultimo: non resta più nessuna misura per la misura di tutte le cose, che cade in balia della contingenza e si trasforma in falsità”. [Minima moralia, Einaudi, Torino 1979, pp. 64-65] Continua a leggere
nichilismo
Divenire nulla 11
La relatività di ogni fenomeno, la mancanza di un fondamento assoluto del senso e del valore, genera dunque un’angoscia diffusa, che avvince e vince tutti coloro che non possiedono il genio dell’intensità.
Scrive Sergio Quinzio ne La croce e il nulla: “La notte del nichilismo, in realtà, è una notte tragica, e viene falsificata, scambiandola per un giorno luminoso, quando ne viene, in un modo o nell’altro, elusa la tragicità. La tragedia sta nel fatto che, per l’uomo contemporaneo, l’assoluto è inattingibile e, insieme, il relativo è invivibile. Due pazzie sono veramente profetiche: quella di Hölderlin, che non poté attingere l’assoluto, o che solo così poté attingerlo, e quella di Nietzsche, che non poté vivere, o solo così poté vivere il relativo”. Ma la relatività trionfa oggi in tutta la letteratura. Dice lo stesso Quinzio: “I libri più intelligenti oggi sono mosaici o puzzle costruiti con citazioni di citazioni e interpretazioni di interpretazioni; i verbi non hanno per soggetto un uomo, un animale, una cosa, ma una complicata frase irta di termini astratti, ciascuno dei quali può essere assunto secondo infinite accezioni e avrebbe bisogno di interminabili precisazioni, qualora esistesse ancora la speranza di un linguaggio capace di pervenire al significato. Non si pensano cose ma pensieri di pensieri, il discorso si svolge attraverso la mediazione inconcludibile di schemi e controfigure, in un cerchio dal raggio infinito. Le prospettive più stimolanti, ma stimolanti al nulla, sono i fascinosi ponti che si tenta di gettare tra un linguaggio e l’altro”. Continua a leggere
Divenire nulla 10
Eschilo è associato a Leopardi in una scienza del tragico disperatamente metafisica, quella di Carlo Michelstaedter, che ai due (e ad altri) fa dire la stessa cosa, nella prefazione a La persuasione e la rettorica: “… lo dissero Eschilo e Sofocle e Simonide, e agli Italiani lo proclamò Petrarca trionfalmente, lo ripeté con dolore Leopardi…” Nel Dialogo della salute si leggono questi versi:
Niente da aspettare
niente da temere
niente da chiedere – e tutto dare
non andare
ma permanere.-
Non c’è premio – non c’è posa.
La vita è tutta una dura cosa. Continua a leggere
Divenire nulla 9
Attento alla poesia novecentesca, B. Welte ne cita una delle cime più abissali, in cui il massimo dell’enigma si dà nella più pura trasparenza, la Mandorla di Paul Celan, che si trova in Die Niemandsrose (1964).
Nella mandorla – che cosa sta nella mandorla?
Il nulla. Il nulla sta nella mandorla.
Esso sta e sta. Continua a leggere
Divenire nulla 8
Gli uomini vuoti (1925) di T.S. Eliot (la cui Waste land termina, come tutti sanno, con Datta. Dayadhvam. Damyata.\ Shantih shantih shantih – aveva studiato sanscrito ad Harvard nel 1911-13) portano come epigrafe la breve frase che segna la fine del protagonista di Cuore di tenebra di J. Conrad: “Mistah Kurtz – he dead” . Chi conosca il significato di parabola del breve e densissimo romanzo dello scrittore polacco-inglese non faticherà a cogliere il senso di tale epigrafe, leggendo i seguenti versi di The hollow men. Continua a leggere
Divenire nulla 6
Gli scrittori appaiono quasi tutti profondamente convinti (ma su che piano? certo su quello psicologico, soggettivo, sul piano di una intuizione che salta a piè pari il confronto con qualsiasi tipo di pensiero forte, che elude la fatica del concetto) dei seguenti principî: 1. della relatività assoluta, che significa l’essere relativo di qualsiasi fenomeno o cosa o esperienza o giudizio ecc., non potendosi trovare alcunché di universalmente valido, stabile, vero, ecc. (il principio è chiaramente formulato nello Zibaldone leopardiano, che peraltro non eludeva la fatica di cui sopra); 2. dell’idea che tutto finisce nel nulla; e quindi che 3. nulla è realmente dotato di senso di per sé, in quanto il senso è attribuito dall’uomo, che nel suo essere a propria volta relativo non può conferire assolutezza e indefettibilità ad altro da sé. L’unica affermazione a suo modo assoluta che si possa dare è dunque quella della relatività di ogni cosa. Continua a leggere
Divenire nulla 4
Quante opere della grande letteratura degli ultimi due secoli possono essere elencati sotto questa rubrica: “eloquenti prese di coscienza dell’irrilevanza dell’uomo in un cosmo cieco e indifferente”, che traggo da un passo di Una roccia per tuffarsi nell’Hudson di Henry Roth? [Trad. M. Papi, Garzanti 1999, p.292]. L’eroe autobiografico della seconda parte del ciclo Alla mercé di una brutale corrente, Ira Stigman, pronuncia tali parole riferendosi all’emozione (positiva per lui) suscitatagli nell’animo dall’incontro con il coraggioso ateismo di Bertrand Russell, ma esse ci appaiono come un’epigrafe conveniente a molta produzione letteraria moderna e contemporanea. Il rude stream del titolo mi sembra potentemente evocatore della più formidabile corrente che ha percorso – e tuttora percorre – la filosofia, la narrativa e la poesia, e più in generale la cultura dell’Occidente: la percezione, l’idea, talora l’incubo, della perdita inevitabile e totale di ogni cosa bella e dotata di valore; il vedere come tutto sfiorisca e cada infine nell’oblio e nel nulla, non compensato dai nuovi nascimenti; l’irrevocabilità che è nello svanire, nel passare di tutto. Percezione tragica del divenire: l’inesorato, l’inesorcizzabile. Rubando una parola a Elias Canetti, ho chiamato questo eminente fenomeno la spina del divenire, conficcata a grandi profondità nelle carni dell’Occidente.
Divenire nulla 3
Due frasi di Hans Blumenberg mi si sono scolpite nella mente, durante la lettura del suo L’ansia si specchia sul fondo (Il Mulino, Bologna 1989, p.63 ): “La verità come suprema aspirazione, come bene sommo che nella nostra tradizione si identifica in un’ultima istanza con la divinità, è, come argomento, morta” ; e ” Guardata dallo spazio la terra si mostra, se così si può dire, in un oceano di negatività: un’isola in mezzo al nulla. Ciò la rende visibile in un senso eminente: dolorosamente chiara” (Ivi, p.114). Spesso in studiosi di filosofia orientati all’idea del fallimento di ogni ricerca della certezza, nei negatori del senso del tutto, nei sottili indagatori della storia delle metafore, fiorisce un linguaggio deciso, apodittico, nato da scelte intellettuali le cui radici il lettore fatica a cogliere. Ma quelle due frasi dicono molto di ciò che è avvenuto nella nostra epoca, in cui il nichilismo ha trionfato.
Divenire nulla 2
Il convoglio rimase per tutto il giorno vicino al fiume e si mise in marcia al calar del sole.
Egòruška si mise di nuovo a giacere sul sacco. Il carro carico cigolava sordamente e traballava. Pantelèj camminava da un lato pestando i piedi, battendosi i fianchi, borbottando; come il giorno innanzi, nell’aria sussurrava la musica della steppa.
Egòruška giaceva supino con le braccia sotto la testa, guardando il cielo. Vide il tramonto accendersi e poi spegnersi; gli angeli custodi, ricoprendo l’orizzonte con le loro ali dorate, si preparavano al riposo: la giornata era trascorsa felicemente, una calma e benefica notte scendeva, ed essi potevano rimanere tranquilli nella propria dimora, in cielo… Egòruška vide la luce oscurarsi, a poco a poco, calare sulla terra la caligine notturna, accendersi una dopo l’altra le stelle.
Anton Cechov, Racconti, Garzanti 1966, trad. E. Lo Gatto, pp.307-8 Continua a leggere