La relatività di ogni fenomeno, la mancanza di un fondamento assoluto del senso e del valore, genera dunque un’angoscia diffusa, che avvince e vince tutti coloro che non possiedono il genio dell’intensità.
Scrive Sergio Quinzio ne La croce e il nulla: “La notte del nichilismo, in realtà, è una notte tragica, e viene falsificata, scambiandola per un giorno luminoso, quando ne viene, in un modo o nell’altro, elusa la tragicità. La tragedia sta nel fatto che, per l’uomo contemporaneo, l’assoluto è inattingibile e, insieme, il relativo è invivibile. Due pazzie sono veramente profetiche: quella di Hölderlin, che non poté attingere l’assoluto, o che solo così poté attingerlo, e quella di Nietzsche, che non poté vivere, o solo così poté vivere il relativo”. Ma la relatività trionfa oggi in tutta la letteratura. Dice lo stesso Quinzio: “I libri più intelligenti oggi sono mosaici o puzzle costruiti con citazioni di citazioni e interpretazioni di interpretazioni; i verbi non hanno per soggetto un uomo, un animale, una cosa, ma una complicata frase irta di termini astratti, ciascuno dei quali può essere assunto secondo infinite accezioni e avrebbe bisogno di interminabili precisazioni, qualora esistesse ancora la speranza di un linguaggio capace di pervenire al significato. Non si pensano cose ma pensieri di pensieri, il discorso si svolge attraverso la mediazione inconcludibile di schemi e controfigure, in un cerchio dal raggio infinito. Le prospettive più stimolanti, ma stimolanti al nulla, sono i fascinosi ponti che si tenta di gettare tra un linguaggio e l’altro”.
Poteva la letteratura occidentale giungere ad altro approdo? Il razionalismo scatenato può infatti portare con sé soltanto un relativismo assoluto, perché in verità in esso si identifica. Come scrive Miguel de Unamuno in Del sentimento tragico della vita: “il razionale, in effetti, non è altro che il relazionale; la ragione si limita a porre in relazione elementi irrazionali. La matematica è l’unica scienza perfetta in quanto somma, sottrae, moltiplica e divide numeri, che però non sono cose reali e concrete; e proprio in quanto è la più formale delle scienze, è l’unica perfetta. Chi è in grado di estrarre la radice cubica di questo frassino?” L’influsso di Leopardi è evidente in alcune affermazioni del tumultuoso filosofo spagnolo: “Da qualunque aspetto si consideri la cosa, risulta sempre che la ragione si pone di fronte al nostro anelito di immortalità personale, e lo contraddice. Perché in realtà la ragione è nemica della vita (…) Tende alla morte come la memoria alla stabilità (…) L’identità, che è la morte, è l’aspirazione dell’intelletto”.
L’identità, che è la morte, è l’aspirazione dell’intelletto”.
pensiero interessante….l’esistenza finisce nella morte, l’intelletto invece…si illude di superarla.