Gli articoli di Gianfranco Vitale (e i suoi scritti sull’autismo in generale) invitano a serie riflessioni e spingono ad interrogarsi tutti coloro che nelle tematiche legate all’autismo sono in qualche modo implicati. Denso di considerazioni su cui meditare è anche l’ultimo scritto di Vitale, apparso qualche giorno fa su Superando.it e intitolato Accanto all’(indispensabile) Legge sull’autismo. Il discorso, vista la complessità delle questioni, dovrebbe essere a sua volta complesso e argomentato, ma qui mi limito a tre punti, espressi sinteticamente:
1. È del tutto evidente, e traspare dallo stesso articolo di Vitale, che in Italia c’è sovente un baratro tra la legge e ogni concreta sua applicazione (vedi la realtà della integrazione scolastica e della tanto trattata inclusione, che presentano anche un singolare problema semantico).
2. Se è vero che sarebbe auspicabile una convergenza delle “Associazioni più rappresentative”, la domanda è: quali sono oggi in Italia? Perché ANGSA e FANTASiA sono la stessa cosa… e sul concetto di rappresentatività nel mondo dell’autismo ci sarebbe da discutere assai.
3. Il “superamento di ogni ipotesi di delega” è un’ipotesi quanto mai irrealistica: tutte le associazioni, infatti, vivono attualmente in Italia una estrema difficoltà di rinnovamento dei propri gruppi dirigenti, sempre più anziani, e la cristallizzazione di relazioni politiche soffocanti. E nel mondo dell’autismo il fenomeno è aggravato dalle difficoltà oggettive che la patologia pone alle famiglie in cui il soggetto autistico, soprattutto quello a basso funzionamento, vive a casa, senza supporti validi e senza un’assistenza degna di questo nome, e spesso anche senza una diagnosi adeguata.

L’ha ribloggato su Proautismo.
Difficoltà che solo le famiglie coinvolte conoscono e quindi sono dell’idea che chi dovrebbe fare una legge sull’autismo non si renda conto di come veramente stanno le cose. Non vorrei che alla fine fossero solo parole e niente di concreto, come avviene spesso anche in altre cose, purtroppo!!
Un caro saluto, Patrizia