Non un romanzo storico, ma un distillato per cui la storia fornisce una materia prima. Il re (De koning, 2011, trad. it. di E. Svaluto Moreolo, Iperborea 2012) è un romanzo con cui Kader Abdolah prosegue il suo discorso sulla Persia-Iran, la patria perduta fin nella lingua – poiché Abdolah scrive i suoi libri in nederlandese. La vicenda e i suoi attori sono insieme reali e fantastici, una personale rielaborazione e fusione di personaggi storici persiani dell’Ottocento e primo Novecento. Il principale è il re, lo scià Naser, irresoluto e incapace di fare fino in fondo i conti con la modernità che avanza, una figura complessa, ma nell’insieme non troppo gradevole, anche nei suoi rapporti con le donne: la potentissima e intrigante madre, l’amatissima figlia, la legione di concubine dell’harem. Potremmo dire, girardianamente, che Naser vive un rapporto di mediazione esterna rispetto alle grandi figure regali del passato persiano, modelli favolosi, e di mediazione interna rispetto ai suoi visir, nella misura in cui questi appaiano più brillanti politicamente e intelligenti di lui. Irraggiungibili, le figure mitiche del passato non possono costituirsi come rivali, mentre lo può fare, nella mente del sovrano, il suo ottimo visir Mirza Kabir, destinato perciò ad essere liquidato. Sullo sfondo, ma non tanto, l’islam sciita coi suoi aiatollah, nube nera sul futuro.
