Sul trattato di Medard Kehl E Dio vide che era cosa buona ho scritto una nota in questo blog. Ora leggo questo libretto Creazione (Schöpfung. Warum es uns gibt, 2010, trad. it. di V. Maraldi, Queriniana 2012). Qui non c’è lo stile paludato e accademico del trattato, si tratta di divulgazione ben fatta: tanto che da essa più facilmente e nettamente emergono le idee del teologo. Non è un testo del creazionismo volgare, Kehl sul piano scientifico accetta la teoria dell’evoluzione, e scruta a fondo le implicazioni problematiche di questa accettazione. Mi piace molto l’insistenza sul concetto del peccato originale come rifiuto dell’umano di accettare i limiti dell’esistenza, la propria buona finitudine (ovvero come brama di infinito: qui in molti cattolici c’è qualche equivoco) (p.73), e l’enfasi sull’autonomia della creazione e della creatura, senza la quale non vi sarebbe libertà (pp. 100 e sgg). Ai miei occhi, tuttavia, si ripresenta sempre una questione: la creazione di cui scrive Kehl, affidata alla responsabilità dell’uomo e compromessa dal suo peccato, sembra coincidere con la Terra. Forse è possibile accettare la visione dell’Universo prospettata dalla fisica moderna e continuare a pensare l’universo degli uomini nei limiti del nostro sistema solare? E le infinite stelle, galassie e mondi?
La cosa più interessante del libro è per me una citazione di J. Ratzinger: «Quando si chiede se il diavolo sia una persona, si dovrebbe giustamente rispondere che egli è la non-persona, la disgregazione, la dissoluzione dell’essere persona e perciò costituisce la sua peculiarità il fatto di presentarsi senza faccia, il fatto che l’inconoscibilità sia la sua forza vera e propria» (p. 116). La forza della (cattiva) mimesi, direbbe Girard.
perchè, Dio ha una faccia?
Dio rappresenta il bene e il diavolo il male, senza faccia entrambi
ma mentre l’uno disgrega, l’altro riunisce…
i due poli di una stessa medaglia
interessante questo sguardo sul mondo…
(anche attraverso una maschera).