Morti viventi

 Gli occidentali sono convinti che la felicità consista nell’intensificazione della vita e nel suo prolungamento quantitativo indefinito. L’ideale è il ragazzo che resta tale fino a novant’anni, e che al limitar di Dite pensa ancora all’amore. Perciò la scuola non può propriamente educare, ma al massimo trasmettere codici di comportamento, e, dato l’abisso che la separa dalla realtà tecno-televisiva circostante, non può farlo che in modo totalmente inadeguato. La gestione del risentimento sociale avviene oggi mediante la produzione e il consumo accelerato di merci rese desiderabili e disponibili. Ma se il meccanismo della produzione e godimento diffuso degli oggetti di desiderio per qualche motivo si inceppasse, cosa potrebbe accadere? Nel libro di Isaiah Berlin Le radici del Romanticismo (The Roots of Romanticism, trad. G. Ferrara degli Uberti, Adelphi, Milano 2001), a pag. 80 leggiamo:

Se ti domandi che cosa gli uomini cercano, che cosa gli uomini realmente vogliono, ti accorgerai che quel che realmente vogliono non è affatto ciò che Voltaire suppone. Voltaire pensa che vogliano la felicità, l’appagamento, la pace; ma non è vero. Ciò che gli uomini vogliono è il dispiegamen­to di tutte le loro facoltà nella maniera più ricca e violenta possibile. Ciò che gli uomini vogliono è creare, ciò che gli uomini vogliono è fare, e se que­sto fare conduce a scontri, se conduce a guerre, se conduce a lotte, ebbene, tutto questo è parte del de­stino dell’uomo. Un uomo che sia stato posto in un giardino volterriano, potato e sfrondato, e sia stato ammaestrato da qualche saggio philosophe nella co­noscenza della fisica e della chimica e della matema­tica, e nella conoscenza di tutte le scienze che gli En­ciclopedisti avevano raccomandato – ebbene, un uo­mo del genere sarebbe una sorta di morto vivente.

Dubito che le nostre scuole possano apparire come dei “giardini volterriani”. Ma chiunque vi affissi lo sguardo noterà molti morti viventi, sia tra gli insegnanti che tra gli studenti.

2 pensieri su “Morti viventi

  1. E’ un argomento troppo grosso: un commento non basta.Dopo 35 anni di insegnamento (scuola media superiore) condivido in pieno quello che dice Fabio ma ancora mi arrovello: come abbiamo potuto arrivare a questo punto? e così velocemente! L’inceppamento a mio parere è paurosamente vicino

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