La prima stesura di Finale Berlin fu scritta da Heinz Rein (1906 -1991) nell’immediato dopoguerra. Il vasto romanzo-saggio fu poi ripreso nel 1980 e infine nel 2015, in quello che forse possiamo chiamare il ciclo dell’oblio. Con tutti i suoi difetti, tra i quali spicca una certa tendenza didascalica in molti dialoghi, questa è una rappresentazione accurata e ineludibile dei giorni terribili della battaglia di Berlino dell’aprile 1945. La follia nazista di voler difendere la capitale fino all’ultimo uomo comportò un’ecatombe. La prima guerra mondiale era stata un’esperienza terribile per gli europei, ma lo era stata soprattutto per i soldati sul campo di battaglia, le città venivano sostanzialmente risparmiate. Nel secondo conflitto mondiale la città diventa sovente campo di battaglia, oppure obiettivo da radere al suolo con l’uso massiccio dell’aviazione. A Berlino nel 1945 le due prospettive si fondono in un orrore totale. E qui si comprende come e perché oggi sia problematico per gli occidentali lo stesso concetto di guerra, con tutto quel che ne consegue, compresi ipocrisie e paralogismi.
