Mediautistici

chiara_ori_crop_MASTER__0x0-593x443Sappiamo che l’Internet ha dato un contributo importante, a livello globale, alla consapevolezza dell’autismo. Qualcuno ha anche detto che l’autismo come oggi è raccontato è una creazione del Web. Sicuramente le famiglie degli autistici, e anche una parte delle persone nello Spettro, quelle ad altissimo funzionamento e asperger, hanno trovato nella Rete strumenti di comunicazione, e di azione e influenza, importantissimi. Ma anche cinema e televisione oggi sono forti attori nel campo dell’autismo, e la sfera mediatica nel suo insieme non può essere trascurata da chi si occupi di autismo come fatto sociale.
La sfera mediatica è la sfera della presenza-agli-altri, della visibilità. Questa sfera, in cui la televisione continua a svolgere un ruolo privilegiato, esplicita e porta all’estremo la tendenza generalmente umana ad abbandonare la periferia del gruppo sociale, e della società di massa odierna, per occupare il Centro, dove si è resi visibili agli infiniti membri della periferia, e dove mediante la visibilità si esercitano i poteri, reali o illusori che siano. Non ci si deve dunque meravigliare se anche nel mondo dell’autismo si manifestano fenomeni analoghi a quelli che si possono osservare in ogni altro campo: fenomeni di ricerca della visibilità, tentativi di acquisire una posizione tale da poter esercitare una influenza. E in questo l’immagine è fondamentale, e sull’immagine si gioca molto.
Come meravigliarsi, dunque, se i padri e le madri delle persone con autismo che ne hanno la possibilità e i mezzi fanno di tutto per acquisire visibilità nel sistema mediatico? È in corso, che lo vogliamo o no, che ci piaccia o meno, una vera e propria lotta darwiniana: in un mondo di scarsità di risorse, e quelle per l’autismo non sono certo destinate ad aumentare, sopravvivranno i più abili e forti, i più adatti, quelli che riescono a interagire meglio con l’ambiente, che nel nostro caso è plasmato dai media. Alcuni genitori lo sanno benissimo, e si stanno buttando nella mischia: occorre richiamare l’attenzione sul proprio figlio, possibilmente facendolo diventare un eroe mediatico, cioè un eroe-vittima. Ed ecco l’autistico di bell’aspetto, addirittura sexy, usato in campagne pubblicitarie, ed ecco l’autistica a basso funzionamento candidata alle elezioni comunali. Ecco, ad un livello inferiore, la moltitudine di mamme e papà che scrivono libri sulla storia del figlio, libri per lo più autopubblicati e che nessuno leggerà.
Leopardi notava come il dolore di una persona di bell’aspetto ci colpisca assai più di quello di un individuo brutto, anche se le sventure di quest’ultimo sono più gravi: questo elemento della psicologia umana è ben tenuto presente nel marketing dell’autismo. Cercansi autistici di bell’aspetto, chioma fluente e sorriso ammiccante. Questo marketing finora è stato solo economico. Ora sembra che possa diventare anche politico. Si tratta sempre di utilizzazione dei figli come strumenti: la libertà essenziale di questi non è messa in discussione, non è considerata, come la loro dignità umana, non sembra fare problema. Come se sempre il fine giustificasse i mezzi. E così l’Italia è come sempre un Paese ipocrita e diviso: da un lato un gran numero di disabili chiusi in strutture lager, senza reale controllo, affidate a personale-aguzzino. Dall’altra riflettori accesi su pochi autistici piacenti, danarosi e figli di genitori che ci sanno fare. Propongo un concorso per il mediautistico dell’anno.

 

 

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