Can We Survive Our Origins? reca come sottotitolo Readings in René Girard’s Theory of Violence and the Sacred. Le origini a cui è difficile per l’umanità sopravvivere sono quelle violente dell’umanità stessa, che ne hanno sempre condizionato gli sviluppi. Pubblicato da Michigan State University Press nel 2015 per la cura di Pierpaolo Antonello e Paul Gifford, il libro è una raccolta di saggi incentrati sulla curvatura apocalittica dell’ultimo Girard, il cui testo capitale è Portando Clausewitz all’estremo. I saggi non hanno tutti lo stesso orientamento: ve ne sono di critici o molto critici verso idee girardiane fondamentali, come quello di Jean-Pierre Dupuy, che si conclude con l’affermazione che «deve essere detto e ripetuto che la teoria di Girard conduce inevitabilmente al relativismo politico e perfino al nichilismo politico». (p.264) Il nodo centrale è individuato nella prefazione di Rowan Williams: «Il contenimento della spirale del desiderio competitivo mediante violenza sacrificale/sacralizzata costituisce il punto di intersezione tra “natura” e “cultura”». (p.xii) Si tratta di un punto di intersezione altamente problematico, che costituisce anche il discrimine su cui si infrangono molti tentativi di dare un tenore scientifico a quello che è un discorso che si è andato sempre più impregnando di valenze religiose, essenzialmente cristiane, o addirittura cattoliche (la ricezione di Girard in ambiente cristiano è del resto sensibilmente più elevata che altrove, e anche la lettura di questi saggi lo prova). La messe in questo libro è abbondante, gli spunti di riflessione sono numerosi. Quella che mi è sorta spontanea riguarda l’ambiguità inerente all’idea del capro espiatorio. L’universalizzazione di questo principio nella nostra società occidentale vittimistico-vittimaria si presta infatti ad un suo uso massiccio in termini nuovi: nel senso che ognuno può rinfacciare a singoli, gruppi, o addirittura nazioni, di praticare lo scapegoating su scala più o meno vasta, fino a concepire, come fa Michael Northcott nel suo saggio Girard, Climate Change, and Apocalypse, la stessa Madre Terra come vittima innocente, e i negatori dei cambiamenti climatici come quelli che della natura fanno un capro espiatorio. Qui la disponibilità del principio del capro espiatorio ad una pluralità di interpretazioni e di usi conflittuali è evidente, perché seguendo il Leopardi della Ginestra si potrebbe rinfacciare ai sostenitori più accesi dei cambiamenti climatici come causati dal capitalismo di fare dei loro oppositori, del sistema industriale ecc. il più grande capro espiatorio umano della storia. La natura non essendo umana, e nemmeno animale, fatica non poco a rivestire il ruolo che originariamente svolge il capro espiatorio nella teoria girardiana, e inevitabilmente saranno esseri umani a prenderne il posto .
