Il divino, l’animale e l’umano non sono separati da una chiara linea di demarcazione nel primo romanzo di Jean Giono, La menzogna di Ulisse (1927 – tradotto in italiano da B. Bruno per la Biblioteca del Vascello, Roma 1994). Il titolo originario sembra quello di un saggio: Naissance de l’Odyssée, e come Nascita dell’Odissea viene ora riproposto da Guanda. Il mondo di questo Ulisse gioniano è bensì mediterraneo, ma non appare, se non superficialmente, connotato da quelle intenzioni para-filologiche che distinguono molti romanzi novecenteschi ambientati nell’antichità. Come il nobile ma fallito tentativo di Vintila Horia di narrare la vita di Platone ne La settima lettera (Rizzoli 2000), o quello di narrare la vita di una Pizia operato da William Golding ne La doppia voce (Corbaccio 1996). Questo Ulisse mangia pomodori, qualche volta, ed è in sostanza un cialtrone sognatore e donnaiolo, che tarda a tornare in patria perché gli…
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