Ipazia, scena XIX

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Filemone a fatica si strappa dalla folla, scorge un presbitero e gli consegna la lettera che si è portata in seno. Quello lo conduce subito per un corridoio e una rampa di scale ad una vasta aula. Là deve attendere la chiamata dell’uomo più influente d’Egitto.
Vi è una porta con una cortina, oltre la quale Filemone avverte i passi di qualcuno che cammina avanti e indietro con furia. Esplode lì dentro una voce profonda e potente: Finiranno per portarmi a questo! Che il loro sangue possa ricadere sulle loro teste! Non gli basta bestemmiare Dio e la Sua Chiesa! Non gli basta avere il monopolio di tutte le attività truffaldine, di tutta la magia, la ciarlataneria, l’usura e la monetazione di Alessandria! No, non gli basta: ora vogliono anche consegnare il mio clero nelle mani del tiranno?
Ma era così anche al tempo degli apostoli, obietta una voce più sommessa ma molto più sgradevole.
Non sarà mai più così, tuona la voce possente. Dio mi ha dato il potere di fermarli, e se non lo usassi gli recherei offesa, e il Signore mi punirebbe. Domani stesso io spazzerò questa immense stalla di Augia, e non lascerò nemmeno un giudeo a bestemmiare Cristo e imbrogliare il popolo in Alessandria!
Temo che un giudizio del genere, per quanta ragione abbia in sé, potrebbe offendere l’eccellentissimo governatore.
Eccellentissimo? Eccellentissimo tiranno! Perché mai Oreste è così accondiscendente con questi circoncisi, se non perché essi prestano denaro a lui e ai suoi amici? Lui sarebbe disposto a tenere in Alessandria un covo di demoni se quelli gli fornissero gli stessi servizi. Pronto a scagliarli contro di me e contro la mia gente, a infangare la religione, fino a un oltraggio come quello di oggi! Sediziosi! Non hanno colmato la misura? Prima li eliminerò, meglio sarà. E quel tentatore stia attento, perché il suo giudizio è imminente.
Il prefetto…? insinua l’altra voce.
Chi ha parlato del prefetto? Chiunque sia un tiranno, e un assassino, e un oppressore dei poveri, uno che favorisce la filosofia che disprezza e schiavizza i poveri, uno così non dovrebbe perire quand’anche fosse sette volte un prefetto?
A questo punto Filemone pensa di aver forse udito un po’ troppo, e segnala la sua presenza tossicchiando. La cortina di colpo si apre, e quello che evidentemente è il segretario gli chiede con una certa durezza chi sia. Ai nomi di Pambo e Arsenio, tuttavia, l’uomo assume subito un’espressione amichevole, e conduce il giovane alla presenza di colui che di fatto, se non di diritto, siede sul trono dei faraoni. Ma senza la loro pompa esteriore: la stanza è ammobiliata semplicemente, e semplice è l’abbigliamento del grand’uomo. Alta e maestosa la figura, severamente belli i suoi lineamenti, gli occhi scintillanti sotto le folte sopracciglia: tutto indica in lui uno nato per esercitare il comando.
Cirillo immobile penetra il giovane con lo sguardo, sguardo che brucia come fuoco, e fa desiderare a Filemone che la terra si spalanchi sotto i suoi piedi. Ha in mano la lettera, la legge, e poi dice: Filemone. Un greco. Qui si dice che tu hai imparato a obbedire. Se è così, tu hai imparato anche a comandare. Il tuo padre Pambo ti ha affidato a me. Ora dovrai obbedirmi.
E io obbedirò.
Hai detto bene. Allora va’ a quella finestra, e salta!
Filemone si avvicina alla finestra e guarda giù: saranno venti piedi. Ma il suo compito è quello di obbedire, non di misurare. Sul davanzale c’è un vaso di fiori. Lui lo sposta delicatamente, e fa per lanciarsi. La voce di Cirillo tuona: Fermati!
Il ragazzo ha superato la prova, caro Pietro. Ora non si deve temere per i segreti che potrebbe aver origliato.
Pietro sorride con aria distaccata, come se in fondo per lui fosse preferibile un Filemone azzittito dalla morte.
Tu desideri vedere il mondo, gli dice Cirillo. Forse già oggi ne hai visto un poco…
Ho visto l’assassinio…
Allora hai già visto ciò che sei venuto a vedere: che cosa è il mondo e quale sia la sua giustizia… e la sua pietà. Non ti dispiacerà vedere quale sarà la replica di Dio alla tirannia dell’uomo… e di collaborare con Dio in quella replica, se io giudico bene dal tuo aspetto…
Vendicherò quell’uomo, esclama Filemone.
Ah, quel mio povero maestro, quell’anima semplice! E ora per te il suo martirio è illuminante. Aspetta di essere entrato con Ezechiele nel sacrario del tempio del diavolo, e vedrai cose peggiori di queste… Donne che piangono per Tammuz, lamentando il venir meno di una idolatria in cui sono le prime a non credere… Anche questa cosa è nella lista delle nostre fatiche di Ercole, mio caro Pietro.
Entra un diacono e annuncia: Padre, i rabbi della nazione maledetta sono arrivati, e attendono di essere ricevuti. Li abbiamo fatti passare dalla porta posteriore, per timore di…
Bene, bene. Sei stato intelligente, non mi dimenticherò di te: un incidente con loro poteva essere dannoso per noi in questo momento. Conducili qui. Pietro, prendi questo giovanotto e presentalo ai parabolani… Chi potrebbe essere l’uomo più adatto a prendersi cura di lui?
Il fratello Teopompo è molto misurato e gentile…
Cirillo scuote la testa ridendo. Figlio mio, dice a Filemone, va’ nella stanza di là. E al suo braccio destro: No, Pietro, mettilo sotto un santo pieno di fuoco, un vero figlio del tuono, uno che possa comandarlo rigidamente, e addestrarlo severamente, e che gli mostri il meglio e il peggio di ogni cosa. Uhm… Clitofonte potrebbe essere l’uomo giusto. Ordunque, vediamo i miei impegni per oggi. Un breve abboccamento con questi giudei—Oreste non ha voluto spaventarli, vedremo cosa potrà fare Cirillo… Poi un’ora per la situazione dell’ospedale; un’ora per le scuole; un po’ meno per qualche nostro fratello in difficoltà; un po’ di tempo per le mie preghiere e per il servizio divino. Pietro caro, guarda che il giovane è ancora qui. Bisogna far entrare le persone rispettando il loro turno. Altrimenti poi si perde tempo per cercare quello o quell’altro… e la vita è troppo corta per queste perdite di tempo, no? Dove sono i giudei adesso? E Cirillo si getta nelle attività della seconda parte del giorno con la sua energia inesauribile. È questa energia, unita allo spirito di sacrificio e al rigore nell’adempimento dei suoi doveri, ciò che ha generato nel cuore di centinaia di migliaia di esseri umani quella reverenza piena d’amore per lui, quella prontezza ad eseguire I suoi ordini. Nonostante i sospetti che circolano sulla sua ambizione, sui suoi intrighi, e sulla sua violenza.

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