Scritto nel 1876, Il Primo Ministro (The Prime Minister, trad. R. Cazzullo, Sellerio 2014) di Anthony Trollope dipinge una situazione politica che appare di grande attualità: un governo di coalizione tra conservatori e progressisti, necessario ma molto problematico, perché, come dice a p. 1126 il signor Monk, un politico navigato, «Non sto biasimando nessuno ora, ma uomini che sono stati allevati con opinioni completamente diverse, persino con diversi istinti quanto alla politica, che dal latte materno sono stati nutriti con codici di pensiero del tutto antitetici, non riescono a lavorare insieme con fiducia anche se possono desiderare la stessa cosa. Le stesse idee che sono dolci come il miele per gli uni sono amare come il fiele per gli altri». Viene subito in mente l’Italia di oggi. Ma solo per questo aspetto, perché tutto qui, nell’Inghilterra vittoriana, è differente. Almeno in superficie, perché nel profondo i moventi degli umani sono sempre i medesimi, e il primum movens è sempre il potere. Come dice la moglie del protagonista, lady Glencora Palliser, rivolta al marito: «Guardate indietro e ditemi quale Primo Ministro ha finito per essere disgustato dal potere? Sono disgustati dalla mancanza di potere quando lo perdono – e allora simulano disprezzo e mettono da parte ciò di cui non posson più godere. L’amore per il potere è un genere di sentimento che si sviluppa nell’uomo quando invecchia». Il protagonista è Plantagenet Palliser, Duca di Omnium, ricchissimo e potentissimo, che ascende quasi suo malgrado, spinto da eventi che non controlla, al vertice del potere politico, e che per tre anni manterrà la carica di Primo Ministro d’Inghilterra: uomo timido, moralmente però d’acciaio, e insieme sensibilissimo, scrupoloso, sempre timoroso di urtare gli altri, cui appare freddo e distaccato mentre non o è affatto. In perenne lotta con se stesso, continuamente divorato dal dubbio, anzitutto sulle proprie capacità. Uomo di pelle sottile, come gli rinfaccia la moglie, che invece ce l’ha grossa, e se non soffrisse dei limiti imposti dalla condizione femminile nella società vittoriana scenderebbe nell’agone politico direttamente. Lo può fare solo indirettamente, appoggiando in tutti i modi il marito, aiutandolo anche in modi che lui non approverebbe, ma mai riuscendo a determinarlo in un modo o nell’altro, perché l’apparentemente fragile duca è in realtà interiormente adamantino. Trollope disegna un rapporto di coppia eccezionale per la letteratura di tutti i tempi: una coppia di spiriti forti, che spesso si scontrano ma in realtà si amano. La loro vicenda è iniziata in uno dei sei romanzi del ciclo Palliser e non finisce in questo romanzo, che la svolge in parallelo (con momenti di intreccio) con quella del matrimonio infelice tra la brava ragazza Emily Wharton e l’avventuriero della finanza Ferdinand Lopez.
Emily si innamora dell’astuto Lopez, che vede nel matrimonio con una giovane di buona e ricca famiglia un mezzo per lanciarsi in una carriera di speculatore finanziario nella City, e lo sposa contro il volere del padre. Lopez si presenta per quello che non è, ricco, mentre non ha il becco di un quattrino e può utilizzare solo il denaro altrui. Spera che il suocero dia alla figlia, e quindi a lui, almeno ventimila sterline per poter avere una base per i suoi progetti finanziari, ma il padre di Emily lo detesta, e gliene dà solo duemila. La figura di Lopez, per vari aspetti spregevole, come sempre accade in Trollope non è monocolore. È complessa: a modo suo, lui ama Emily, e possiamo azzardare che se l’avvocato Wharton gli avesse dato quelle ventimila sterline forse il suo sarebbe stato un matrimonio come tanti. Ma la cifra di tutto il romanzo è forse l’ostinazione: declinata in forme differenti, essa caratterizza tutti i personaggi, ciascuno dei quali appare fedele alla propria natura fino all’estremo, essendo però questa natura non semplice, e certo molto più complessa di quella dei personaggi dickensiani.
Come in altri romanzi di Trollope, ne Il Primo Ministro si palesa lo scontro tra due tipi di ricchezza: quella antica dei proprietari terrieri e quella moderna degli uomini della City. Il cuore dello scrittore è con i primi, ma il suo lucido intelletto vede bene dove sta andando il mondo: in una direzione nichilista, come la fine di Lopez in qualche modo profetizza.