La lettura dell’immensa opera di John P. Meier Un ebreo marginale richiede molta dedizione e impegno. Il secondo volume di questa fondamentale opera di ripensamento del Gesù storico reca come sottotitolo Mentore, messaggio e miracoli (Queriniana, quarta edizione 2012): 1300 pagine di testo e apparato critico. La rigorosa ricostruzione meieriana fa risaltare in questo secondo volume soprattutto un elemento. Sul rapporto tra Gesù e Giovanni il Battista (il mentore del sottotitolo), sul messaggio di Gesù e sui suoi miracoli ciò che possiamo determinare storicamente, oltrepassando l’elaborazione teologica delle prime generazioni cristiane, è pochissimo. Da quel poco che si può fondatamente sapere di Gesù, emerge una figura non solo marginale nella società del tempo, ma anche molto fortemente caratterizzata. Potremmo dire che il marginale e diverso di allora rimane diverso anche rispetto a società in cui il suo stesso culto e secoli di teologia lo hanno posto al centro. Mi limito a citare un passo.
Effettivamente, questa percezione di Gesù come un tipo singolare o bizzarro è quantomai salutare. Ci rende coscienti del divario religioso e culturale che separa il Gesù storico dai moderni occidentali, siano essi cristiani, ebrei o atei. Poiché, se è lampante l’abisso che si spalanca tra il Gesù storico e i cattolici o protestanti della fine del XX secolo, il vessillo trionfante di ‘Gesù l’ebreo’ — sicuramente una preziosa intuizione degli studiosi del XX secolo — può impedirci di vedere che è altrettanto grande il divario tra Gesù e ogni ebreo — osservante o no — che deve affrontare la modernità. Con questo voglio dire che una valutazione ponderata ed obiettiva dello strano carattere del personaggio che etichettiamo come il «Gesù storico» smentisce subito la semplicistica attualità che alcuni gli attribuiscono. Se questo Gesù storico ha qualche attinenza con la modernità occidentale, tale attinenza si può cogliere soltanto dopo una riflessione ermeneutica che prende sul serio l’abisso tra lui e noi. Sebbene questa valutazione della singolarità di Gesù possa deludere alcuni che hanno già deciso quali usi farne, è un vantaggio per gli studiosi, ai quali si deve continuamente ricordare di non proiettare i loro vari pallini teologici su una legittimante figura di Gesù. (p. 146)
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