Flesh Becomes Word

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Tra i libri scritti da studiosi su temi girardiani, questo di David Dawson spicca per originalità, dottrina e acume. Flesh Becomes Word. A Lexicography of The Scapegoat or, the History of an Idea (Michigan State University Press, 2013) è un testo dottissimo – su 200 pagine 66 sono occupate da appendice, note e bibliografia: una brillante opera accademica. Dawson studia origine, diffusione, e spostamenti di significato del termine scapegoat nel mondo anglosassone, evidenziando come la grande svolta avvenga nella prima parte del Settecento, dopo essere a lungo maturata, e come l’innocenza del capro, in quello che è il significato che il termine ha ormai universalmente acquisito, e l’ingiustizia del trattamento che subisce, siano bensì legate alla figura di Cristo ma mettano anche in questione la teologia della sostituzione, della vittima il cui sangue è sparso per molti, e in ultima analisi la concezione mitologica di Dio. Perché sono gli dèi pagani quelli che vogliono sempre sangue, e per ogni colpa umana hanno come punizione solo la morte, e si compiacciono di vittime sostitutive innocenti. Il saggio di Dawson è molto ricco, e utilizza fonti molto abbondanti, ma nonostante l’erudizione non si può definire opera erudita. Dawson pone domande radicali anche a Girard e ai girardiani, vedendo giustamente nell’opera del cattolico Girard quella che forse è la più radicale critica della religione mai comparsa nella storia. Il discorso di Dawson termina così:

«La storia di Gesù è nemica della religione in quanto tale, e delle codificazioni narrative della teologia in particolare? L’irriducibile carattere storico del resoconto fatto dal Vangelo sfida qualsiasi omaggio  mitologizzante, ritualizzante, in una parola religioso, possa essere reso al redentore? Può qualsiasi religione eretta sulla morte di uno che doveva morire così come avevano annunciato i profeti e come i profeti stessi morirono – vittime di violenza religiosa – includere il destino storico di lui? Se la morte di Gesù è stata tanto simile a quella di innumerevoli vittime mitiche che inevitabilmente “si sono formate cristallizzazioni mitologiche secondarie e superficiali” [parole di R. Girard], che hanno incrostato la sua traiettoria attraverso il tempo, vi è qualcosa nel pensiero cristiano di diciassette secoli che non dovrebbe essere considerato una pura accrezione cristallina? Che cosa sopravvive  alla potente limatura operata dall’accelerazione della storia, dalla soglia della Modernità attraverso la presente svolta apocalittica nell’età della scienza? Questa e altre domande simili ci si pongono al termine di questo studio. Quello che indiscutibilmente la storia ci consente di vedere è il capro espiatorio che attraversa il confine che divide il nostro mondo dal dominio del suo passato, un testimone cristiano contro la cristianità.» (p. 134)

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