«Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza». (Matteo 6, 24)
Finché ci sarà una Curia, ossia finché il vertice della Chiesa cattolica sarà modellato sulla corte imperiale romana, attorno al papa ruoterà sempre qualcosa di torbido, di non trasparente. Perché meravigliarsi di quel che sta emergendo? Chiunque, come il sottoscritto, abbia avuto un minimo contatto con le sfere alte della Chiesa, sa bene quanto anche esse siano abitate da invidie, debolezze di ogni tipo, lotte per il primato. Poiché non c’è versetto del Vangelo meno amato dai numerosi carrieristi ecclesiastici del celebre MT 20, 16: «Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi».
Diceva loro nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». (Marco 12, 38-40) Quanti membri del clero, dal parroco ben pasciuto al vescovo al cardinale non hanno incarnato l’oggetto di questa ammonizione di Gesù? Il fatto è che la Chiesa cattolica nei secoli si è sacralizzata e romanizzata, e il sacro e il potere sono governati da leggi inesorabili. Ma non si può seguire la tendenza dominante alla semplificazione di ciò che è complesso: La Chiesa non coincide col Vaticano, e addirittura il vicario di Pietro non coincide col sovrano di un residuo di monarchia assoluta. In duemila anni le cose sono molto cambiate, e cambieranno ancora.