Nota di Giusi Meister
Un occhio completamente vuoto e un altro folle. Il doppio sguardo di Woland sul mondo è la vertigine che sommerge nel momento che segue la consapevolezza dell’inevitabilità, soprattutto di se stessi. Vero che sembra esserci anche un altrettanto inevitabile destino, ma è nel modo in cui si riavvolge il filo che la matassa dei giorni prende forma. E spesso gli uomini ci mettono molto del loro. Come ne ‘L’ora del diavolo’ di Pessoa, questo diavolo non spezza per disperdere, ma compie piuttosto il processo alchemico ben rappresentato nel proprio arcano dei tarocchi come solve et coagula. Scioglie da se stesso chi lo desidera restituendolo ad una dimensione di libertà e di pace. Una pace senza luce, certo, ma in cui poter respirare a pieni polmoni. Un libro immenso sulla possibilità che ci è data quotidianamente di scegliere cosa volere o non volere per sé, e sulla dimensione, anche collettiva, delle nostre debolezze. Un libro carnalmente umano e luminoso, senza giudici né condanne inappellabili. Un libro aperto, in cui passa tanta aria sempre nuova e sottile. Certo, una storia d’amore, ma di quel genere con cui potresti fabbricarti collane perché ogni gesto o sguardo o parola è una perla, da guardare con tenerezza per giorni.