Sul volto

Sul divieto di celare completamente il volto che la Francia sta introducendo, posso fare due considerazioni. 1) La consuetudine, propria di una parte  dell’Islam, di obbligare le donne a celare totalmente il proprio aspetto in pubblico è segno di una concezione per la quale tra l’uomo e la donna esiste una differenza radicale, e l’esistenza di questa differenza è negata dalla cultura occidentale contemporanea, per la quale tutti hanno gli stessi diritti. Su questo punto il conflitto di civiltà è evidente e netto, poiché tra i diritti non c’è quello di individui o gruppi di rinunciare ai diritti. 2) La democrazia è fondata sul riconoscimento dell’altro cittadino, anzitutto nel suo significato fisico immediato. I cittadini di uno stato democratico sono persone che si riconoscono l’un l’altro faccia a faccia, il volto di ciascuno deve essere aperto allo sguardo dell’altro. Senza questo primo elementare riconoscimento, non è possibile la democrazia. Per questo, il dibattito sul diritto o meno di indossare in pubblico burka e niqab, ovvero le due fogge del velo islamico che  coprono totalmente il volto, rendendo irriconoscibile la persona che le indossa, esprime in realtà un conflitto su pretese non negoziabili. Da una parte si invoca il diritto delle donne islamiche alla differenza radicale segnata dal nascondimento del volto, dall’altra si sostiene che le donne che fanno così rinunciano a un diritto elementare, quello della piena partecipazione alla democrazia, e prima ancora a quello di manifestarsi per come si è.

Ma perché esiste entro la cultura islamica questa pratica, perché la donna deve apparire all’esterno come un fagotto informe? Esattamente perché le sue forme non appaiano, perché di lei non si manifesti nulla che possa accendere il desiderio maschile. Questo è connesso alla violenza. Una donna che accende il desiderio maschile può portare al conflitto, può scatenare la violenza tra maschi (la Guerra di Troia provocata dalla bellezza di Elena ne è il mito più famoso – se Paride non avesse visto quella bellezza, non l’avrebbe rapita, e tanti eroi non sarebbero morti). E in ogni cultura conosciuta il controllo della violenza interna è il problema principale. Il discorso sul pudore è secondario e accessorio.

10 pensieri su “Sul volto

  1. Leggendo questa considerazione: «La democrazia è fondata sul riconoscimento dell’altro cittadino, anzitutto nel suo significato fisico immediato. I cittadini di uno stato democratico sono persone che si riconoscono l’un l’altro faccia a faccia, il volto di ciascuno deve essere aperto allo sguardo dell’altro» mi è venuto immediatamente da pensare a quelle persone che per malattie, malformazioni, incidenti si sono trovate a possedere un volto non mostrabile e da nascondere perché orribile.
    Si può sostenere che oggettivamente queste persone, nelle loro condizioni, sono/devono/non possono che essere meno cittadini degli altri?

  2. Direi che il caso è ben diverso. Queste persone sventurate debbono essere accolte nello sguardo degli altri, e ciò non ha a che fare con l’occultamento totale della donna come persona, che occultata non può essere partecipante della società democratica.

  3. la considerazione sul fatto che la riconoscibilità sia premessa di democrazia è molto condivisibile. Per quanto possiamo ascoltare conversazioni telefoniche dove, senza volto, tutto è chiaro e interloquibile.
    Ma sono convinta che ognuno ha i suoi tempi, tanto più se le abitudini dipendono da cultura o costrizione. Ogni emancipazione è stabile se voluta fortemente. una donna che porta il burka in francia lo sceglie. se lo toglie è la stessa donna obbligat una volta di più e non una donna libera.
    ma non è forzato il paragone con Paride , visto che Elena si mostrava ben volentieri??? voglio dire che anche all’epoca fu di certo una scusa per acchiappare qulche territorio in più e cautelarsi da chi era troppo potente; ci andarono in parecchi, anche chi se ne fegava alla grande di Elena:-)

  4. I due comandamenti del “non desiderare” la roba e la donna degli altri hanno lo stesso significato e fine: evitare la violenza tra i desideranti. Il desiderio, la brama di ciò che è dell’altro come causa di violenza sociale, è alla base dell’occultamento della donna. E questo vuol dire anche che la donna è assimilata alla roba, è un bene posseduto. Tra una cultura in cui la donna è questo ed una in cui essa è un soggetto pieno come l’uomo la convivenza entro una unica società è altamente problematica.

  5. Specifico che non volevo stabilire alcun paragone; è solo che la riflessione suddetta mi pareva in linea con un elemento delle società occidentali che mi pareva di aver colto: che si posseggono diritti se si è pronti a rivendicarli, ad avanzare in pubblico le relative pretese, a scendere in piazza e a metterci la faccia ecc. Un carattere… non so, mi verrebbe da definirlo agonico-teatrale… a causa del quale ogni menomazione fisica che impedisca di scendere in piazza (per esempio per il fatto di essere immobilizzati), di metterci la faccia (per esempio per il suo aspetto spaventoso) ecc. impedisce di essere pienamente titolari di diritti, vale a dire cittadini. Questo a dispetto dell’esistenza di un soggetto di diritti astratto, di procedure ben formalizzate di accertamento, valutazione e tutela delle pretese ecc. Come un elemento corporeo irriducibile.

  6. Mi pare invece che, seppur faticosamente, nelle società occidentali sia sempre più diffusa l’idea che anche i più deboli hanno diritti. Lo so bene avendo un figlio autistico grave. L’idea che i diritti appartengano anche a chi non ha la capacità di rivendicarli, come gli handicappati mentali. Se si pensa poi all’animalismo, ove anche l’animale è portatore di diritti…

  7. Grazie per la vostra capacita’ di amare i piu’ deboli.Spero che tutta la societa’ PRENDA COSCIENZA DEI PROBLEMI CHE CI AFFLIGGONO.

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