Pensierini 3

La TV italiana di allora, dei tempi in cui ero giovane, si intendeva come “pedagogica”. Ora si sostiene che era “bacchettona”… ma oggi assistiamo alla situazione esattamente contraria: la “trasgressione” è eretta a norma, fino a divenire parte essenziale del sentire comune. Un rovesciamento sul quale non si è ancora riflettuto abbastanza… A mio parere si tratta di una estensione, volgarizzazione e perversione di un nucleo fondante del romanticismo.

Si può giungere al rifiuto di una parte di sé, o della propria esperienza, ma la parte rifiutata può accompagnarci ugualmente, in una convivenza a volte anche feconda. Non c’è un interruttore, ma un lungo lavoro su di sé. Naturalmente, si può anche pensare di non doverlo fare.

Sì, penso che la vita animale possa in linea di principio essere spenta. Io uccido un pesce o un fagiano senza alcun problema, all’interno di un’ottica venatoria-piscatoria. Che ciò avvenga “gratuitamente” è dubbio. In ogni caso, la posizione di un diritto assoluto alla vita da parte di tutti gli esseri viventi non è fondabile dal punto di vista teoretico, poiché la natura non lo ammette. E se il diritto è una fondazione umana, esso è relativo e nulla può impedire al singolo soggetto di contestarlo, anche sfidando la condanna altrui. Se invece si pensa che il diritto sia di fondazione divina, allora si deve vedere quale sia la prescrizione della religione in materia di caccia. Quella cristiana non vieta la caccia e la pesca per diletto, e quella islamica neppure.

Io penso che il godimento delle sofferenze altrui sia una perversione. Penso anche che questo pensiero derivi dalla costituzione etica dell’umano, in cui mi riconosco. Il sadismo del godimento della sofferenza del morente sta alla caccia come l’esaltazione erotica del maniaco feticista sta alla pienezza dell’eros.

Si tratta di “humanitas”, a mio avviso. L’umano riconosce nell’animale (soprattutto se a sangue caldo) un suo simile, anche se non un suo pari. Per questo mangiarne le carni è per il Greco “omofagia”. Per questo, anche, la violenza sull’animale deve essere inserita in un quadro che la giustifichi, e questo è culturalmente variabile. Nell’occidente di oggi l’idea di un matrimonio omosessuale è meno scandalosa di quella della caccia. Similmente, il fare sesso con un animale in segreto non sarebbe offensivo dell’animale, ma di una idea di umanità. Ma se si afferma la visione anti-specista, anche il rifiuto del sesso tra specie differenti sarebbe visto come una forma di oppressione.

Aggiungo che secondo me sussiste una differenza fondamentale tra la sofferenza mediata dalla rappresentazione, ovvero quella umana, e la sofferenza non mediata, ovvero quella animale.  Anche il diritto rientra nella sfera della rappresentazione. Quindi anche il discorso per cui “il diritto assoluto alla vita sta nel DNA di ogni essere vivente” è fatto da un umano in base ad una visione culturale e ideologica. Significa solo che ogni vita tende all’autoconservazione. Infatti il DNA di una lepre non può sostenere questo diritto di fronte a quello della volpe che la persegue. Ancora una volta, l’affermazione della tracotanza della specie umana ci conferma come l’unica specie autocritica.

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