L’illusione di Dio (2)

Il termine “fondamentalismo” emerse nei protestantesimo americano all’inizio del XX secolo dopo la pubblicazione di una serie di dodici libretti ad alta tiratura dal titolo I Fondamenti (1910-1915). Curati dal reverendo A.C. Dixon, questi libretti hanno rappresentato la posizione conservatrice di un influente gruppo di scrittori inglesi, americani e canadesi contro l’influenza sempre crescente dei teologi continentali europei come Albrecht Ritschl, Martin Rade e Adolf von Harnack. Essi contenevano un ampio riferimento all’evoluzione e includevano un contributo con il titolo caratteristico “La decadenza del Darwinismo”. Circa tre milioni di copie furono distribuite a pastori, evangelizzatori, missionari, studenti di teologia e laici attivi in tutto il mondo di lingua inglese. I cinque principi fondamentali professati in questi volumi sono l’inerranza della Bibbia, la nascita verginale, l’espiazione, la risurrezione, e la seconda venuta di Cristo (Schwarz 227).

Martin Riesebrodt, professore di sociologia della religione all’Università di Chicago, osserva che “fondamentalismo” è diventato un termine che oggi è usato anche per riferirsi ai movimenti di rinascita religiosa al di fuori della tradizione protestante, nell’Islam e nell’Ebraismo, nel Buddismo, nell’Induismo, nel Sikhismo, e perfino nel Confucianesimo. Egli osserva, tuttavia, che è anche diventato uno slogan usato per etichettare e delegittimare movimenti religiosi. Ciononostante, a causa dell’estensione empirica e della strumentalizzazione politica del concetto, Riesebrodt propone di trasformarlo in una categoria sociologica, con applicabilità potenzialmente universale (270):
Dal momento che tutti i concetti sono originati entro un ambiente storico e una lingua particolari, da cui essi vengono astratti, il concetto di “fondamentalismo” non è necessariamente “contaminato” o impregnato dalla sua origine protestante, anche se ci si deve prendere cura di eliminare consapevolmente le peculiarità cristiane, per trasformarlo in un concetto sociologico applicabile universalmente. (271)
Riesebrodt riconosce che i fondamentalismi hanno molto in comune, il che indica, secondo lui, la possibilità che tali movimenti emergano sotto l’impatto di processi di trasformazione della società simili (270). Egli concepisce il fondamentalismo, dunque, come un particolare tipo di movimento di risveglio religioso, che si pone come risposta a quei cambiamenti sociali che il fondamentalista percepisce come crisi: “In questi movimenti le persone tentano di ristrutturare i loro mondi di vita cognitivamente, emotivamente e praticamente, reinventare le proprie identità sociali, e riacquistare un senso di dignità, onore e rispetto “(271).

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