Cacce sottili 2

All’interno di una grande passione ci si deve scavare una nicchia, che poi diviene un luogo d’incontro con gli adepti, con coloro che se ne sono ritagliata una uguale nello stesso luogo. Così avviene in tutte le grandi scelte di gratuite passioni. Così, tra coloro che si dilettano di pesca ci sono i trotaioli, o quelli che si dedicano al persico-trota o al luccio, e così via. Così nella caccia, c’è chi è fanatico di quella al cinghiale o alla lepre, chi adora la beccaccia, o chi come me rinuncerebbe a tutte le prede per un beccaccino. Così è anche tra gli entomofili (entomologo è freddo, e non dà conto della passione). V’è chi come Jünger si dedica ai coleotteri, e dentro i coleotteri elegge i carabidi, e tra i carabidi le cicindele. Poiché ogni passione è tendenzialmente monoteistica, per così dire.  Pure, il cacciatore-collezionista è con la morte che ha a che fare fin dall’inizio. E non quella degli insetti, che eternizza nella “camera a gas” rappresentata da una bottiglietta con un battuffolo imbevuto d’etere, bensì quella degli umani, il senso dello sparire di chi abbiamo conosciuto, che fa pensare al proprio futuro sparire e risveglia il desiderio di lasciare di sé qualcosa di permanente, come il proprio nome legato ad un insetto da noi scoperto, secondo il sistema di catalogazione di Linneo. Il padre di Jünger era un appassionato di scacchi, la cui casa era molto frequentata da altri appassionati. Uno era un certo Rotlevi, che ad un certo punto scomparve.

Le sue tracce scomparvero persino dagli annali che riportano le più belle partite di scacchi.
Questa scomparsa, in seguito, mi ha sempre lasciato in ansia, un’inquietudine che si ridestava anche ogni volta che cercavo di leggere i nomi sulle lapidi mezzo ricoperte di muschio. La strada scorre via veloce sotto le barche e sotto le navi. Spesso siamo gli unici a serbare memoria dell’ospite fugace; con noi egli muore una seconda volta, e si infrange l’ultima stele sulla quale era inciso il suo nome. Ecco perché i morti ritornano sempre, perfino i vecchi nemici, e bussano alla nostra porta.
(14-15)

2 pensieri su “Cacce sottili 2

  1. Cos’è un fantasma ? Forse come in «Herzog » di Saul Bellow, l’ombra di un soggetto scomparso, “morto e stramorto”.

    Ecco un alone brillare attorno alle parole “morto e stramorto”, l’ombra di una scrittura come il Braille, un’iridiscenza senza più alcun messaggio per nessuno, alcun messaggio d’altrove ?

    « “Ma non vieni ? Che fai? “ disse Madelaine.

    Forse non era ancora completamente sveglio. Herzog per un momento s’era fermato vicino al negozio di pesce, attirato dall’odore.

    […] Fermandosi un attimo sulla soglia metallica del montacarichi, Moses avvertì attraverso le suole sottili il disegno a rilievo dell’acciaio; come il Braille. Ma non scoprì nessun messaggio. Sembrava che i pesci, nel ghiaccio bianco, macinato, spumoso, si fossero fermati all’improvviso, nell’atteggiamento di quand’erano vivi.

    […] “Non posso mica aspettare te, Moses” disse Madelaine, perentoria, parlandogli da sopra la spalla.

    Entrarono nel caffè e si sedettero al tavolo di formica gialla.

    “ Che stavi facendo, a perdere il tempo a questo modo?”

    “Be’, sai, mia madre veniva dai Baltici. Il pesce le piaceva moltissimo.”

    Ma Madelaine non aveva nessuna voglia d’interessarsi di mamma Herzog, morta da vent’anni, per quanto madrediretta potesse essere l’anima nostalgica di quel signore. Moses, riflettendo, si rimproverò. Lui, per Madelaine, era già un tipo paterno- non poteva pretendere che lei prendesse in considerazione anche sua madre.

    Era una persona morta e stramorta, una di quelle che non possono fare più nessun effetto sulla nuova generazione ». ( Saul Bellow, “Herzog”, Milano, Feltrinelli, 1971, pp. 150-151; citato da Elvio Fachinelli nella “ Mente estatica”, Adelphi, 1989, p.71).

    “ Evidentemente” – commenta il compianto Elvio Fachinelli – “ è la madre viva nel protagonista del romanzo, Moses Herzog, che si ferma sulla soglia del montacarichi ed è colpita dal negozio del pesce – insieme al bambino Herzog. Per ‘un attimo’: è un buco di tempo che rispetto a quello quotidiano appare come dormiveglia, contrattempo, pura perdita. […] Il messaggio è nell’intensità di sensazioni che precipitano un ricordo. Di chi ? Della madre e del bambino Herzog ? Un soggetto – misto, confuso ? ”

    Nel riflettere su tali domande, le percezioni, le emozioni e i sentimenti diventano densi, agglutinanti – ed è come entrare nella memoria dei morti, di miriadi di esseri incompiuti… Un popolo in attesa ?

    Per consolarmi dico a me stesso che forse tutte le memorie sono dense, agglutinanti, e che siamo tutti dei collezionisti incompiuti… ( Questa, per esempio, è la vecchia foto di quando la mamma ti conduceva per la « manina », poi è scomparsa… e quest’altra è la traccia di un appassionato di cacce sottili, o forse di scacchi, ma non so a chi potrebbe interessare l’anima nostalgica che qui sembra affiorare alla memoria… ).

    Tuttavia, per quanto l’emozione di una tale piccola esperienza « fuori tempo » possa apparire ad altri colpevole, una nostalgia colpevole, o perlomeno ridicola, il fuori tempo dell’estasi nascostamente vive e non si lascia eliminare.

    … Degli altri, amici o nemici che siano stati, resta un fantasma fugace, portatore di una certa ansia e di una vaga inquietudine, forse perché troppo vicino al cuore di un soggetto come sdoppiato, misto, tagliato dal « prima » e dal « dopo », e pertanto giunto al punto esatto della fenditura di un soggetto. Qui, dove non c’è dove, nel punto – intenso e feroce – in cui la vita in un lampo va al di là .

    La situazione comune a molti ciechi illuminati, oggi come ieri, è l’impossibilità di sparire senza lasciare di sé qualcosa di « permanente », fosse pure una macchia. Tutti, alla fine, lasciamo una macchia e quel tipico alone che talvolta aureola macchie che sbiadiscono col tempo e nomi sulle lapidi mezzo ricoperte di muschio?

    Il collezionista di foto ( e di nomi, di muschio e di macchie) sa di non essere solo al mondo. Essere soli al mondo è impossibile: c’è sempre qualcuno ( un padre, una madre, un creatore, un fantasma ?) che « bussa alla porta ». Forse ha per noi un messaggio inaudito.

    E’ qui che le acque si confondono e si vedono aloni su vecchie foto ingiallite, lampi, ombre, iridiscenze che – simili all’alone di una perla – sembrano appartenere e non appartenere al mondo ?

    Simili all’alone di una vecchia fotografia ( collezionata con amore insieme ai libri ), i morti ritornano. Ritornano sempre, furtivamente, fugacemente, come fantasmi. I fantasmi esistono. Vengono sia dall’esterno che dal profondo di noi stessi.

    P.S. Non so esattamente cosa vogliono questi fantasmi forse paterni, materni, certamente amichevoli… comunque pur sempre creature inquietanti di chissà quale Altrove. :-)

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