L’aperto femminile

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L’elemento artemisio si risveglia sporadicamente anche nel femminile, e qualche cacciatrice è sempre comparsa nel corso del tempo a fare esperienza dell’aperto maschile. Ma certo oggi una pubblicità come questa sarebbe impensabile. Oggi sono invece molti i maschi che sperimentano il chiuso femminile.

L’aperto e il chiuso

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Una immagine pubblicitaria della ditta Belfe, pubblicata sulla rivista Diana intorno al 1960 (tempera di Roberto Lemmi). Interessante anche dal punto di vista antropologico: l’uomo all’esterno della casa, perché il luogo del maschio è l’aperto, a caccia; la donna che gli lava la giacca, dentro la casa, perché il luogo della donna è nello spazio interno. Quella giacca l’ho indossata anch’io da giovane.

Con Marx

Con Marx sono a buon punto. Anche se ancora non allevo bestiame, vado però a caccia, a pesca, ed esercito l’intelligenza critica. Quindi sono un quasi-comunista…

“E infine la divisione del lavoro offre anche il primo esempio del fatto che fin tanto che gli uomini si trovano nella società naturale, fin tanto che esiste, quindi, la scissione fra interesse particolare e interesse comune, fin tanto che l’attività, quindi, è divisa non volontariamente ma naturalmente, l’azione propria dell’uomo diventa una potenza a lui estranea, che lo sovrasta, che lo soggioga, invece di essere da lui dominata. Cioè appena il lavoro comincia ad essere diviso ciascuno ha una sfera di attività determinata ed esclusiva che gli viene imposta e dalla quale non può sfuggire: è cacciatore, pescatore, o pastore, o critico, e tale deve restare se non vuol perdere i mezzi per vivere; laddove nella società comunista, in cui ciascuno non ha una sfera di attività esclusiva ma può perfezionarsi in qualsiasi ramo a piacere, la società regola la produzione generale e appunto in tal modo mi rende possibile di fare oggi questa cosa, domani quell’altra, la mattina andare a caccia, il pomeriggio pescare, la sera allevare il bestiame, dopo pranzo criticare, cosí come mi vien voglia; senza diventare né cacciatore, né pescatore, né pastore, né critico”.

 K. Marx-F. Engels, L’ideologia tedesca, Editori Riuniti, Roma, 1972, pag. 24

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Bruscandoli

L’umile luppolo selvatico in Veneto viene chiamato al plurale bruscàndoli. Oggetto di raccolta a primavera, perché le cime si prestano alla cottura, e ci si ricavano ottimi risotti e frittate. Ma più che di raccolta si tratta di una vera e propria caccia. Come dei funghi, anche di questi vegetali bisogna individuare il luogo. Un conto è raccogliere frutti di cui già si sa dove sono e quanti sono, altro è andare alla ventura, senza sapere né il come né il quanto né il dove. E questa è la caccia, qualunque ne sia l’oggetto.

Sbranamento

Chissà se la comitiva di turisti in Africa era composta di animalisti. Per qualcuno di loro essere coinvolti in un’azione di caccia di una banda di licaoni sarà stato senz’altro una esperienza sconvolgente, come si capisce dai gemiti. Qui vediamo in tutta la sua potenza cosa sia uno sparagmos, il modello del dionisismo, l’arcaica matrice dell’umano, e l’incunabolo del sacrificio e dell’omofagia.

Dipendenza

Non ho dipendenza alcuna da sostanze o alimenti o bevande: le sigarette mi fanno schifo, del caffè posso fare tranquillamente a meno, non assumo farmaci, non bevo superalcolici se non ad ogni morte di papa, bevo solo 1 bicchiere di vino a pasto… Ma come mi manca l’inebriante profumo di MB o di cheddite, quell’aroma di polvere da sparo torrefatta che si sprigiona dalle canne della doppietta quando la si apre, e nell’aria volano ancora le piume del fagiano.