Isaiah Berlin, La libertà e i suoi traditori (Freedom and Its Betrayal. Six enemies of human liberty, 2002, trad. it. di G. Ferrara degli Uberti, Adelphi 2005). I sei nemici della libertà di cui qui si parla sono Helvétius, Rousseau, Fichte, Hegel, Saint-Simon e De Maistre. Ma la lista dei nemici della libertà è quasi infinita.
Ci sono sempre stati coloro che preferiscono essere al sicuro in una solida struttura, trovare il loro giusto, stabile posto entro un qualche sistema rigido, piuttosto che essere liberi. A costoro Hegel dice una parola di conforto. Ciò nondimeno, nel fondo questa è una gigantesca confusione, un’identificazione (storicamente fatale) della libertà quale noi l’intendiamo con la sicurezza, ossia il senso di appartenere a un certo luogo (l’unico possibile) in cui siamo protetti contro gli ostacoli perché siamo in grado di prevederli tutti. Ma non è questo che chiamiamo libertà, benché possa magari essere una forma di saggezza, di perspicacia, di fedeltà, di felicità, di santità. L’essenza della libertà è sempre stata nella capacità di scegliere come desideriamo scegliere, per l’unica ragione che questo è il nostro desiderio, senza subire coercizioni o prepotenze, senza venire inghiottiti in un qualche immenso sistema; e nel diritto di opporsi, di essere impopolari, di difendere le nostre convinzioni solo perché sono le nostre convinzioni. È questa la vera libertà, e senza di essa non esiste nessuna specie di libertà, e anzi neppure l’illusione della libertà. (p. 166)