Penso che senza forme di differenziazione non possa esistere società umana. La cultura oggi maggioritaria (e di molto) in Occidente, l’erede della cultura borghese-liberale nel mondo globalizzato, ha deciso di promuovere in ogni campo e su tutti i piani l’indifferenziazione (con i suoi correlati di relativismo ed equivalenza di ogni posizione e scelta, la cui icona è ora il matrimonio gay). Ma poiché nessuna società umana può sopravvivere senza differenza, in Occidente compaiono qua e là tentativi di ripristinarla su alcuni piani (contro gli immigrati, contro questo o quello). Tentativi destinati al fallimento. Prevarrà la volontà unica della cultura maggioritaria, tuttavia, e l’unica reale differenziazione si darà – come sta avvenendo ovunque – sul piano del censo: diritti formali uguali per tutti, ricchezza distribuita in modo sempre più diseguale (la condizione di quelle che erano un tempo le classi medie è davanti agli occhi di tutti). Da un lato vi è la necessità di incanalare il risentimento sociale crescente, dall’altro disponibilità decrescente di mezzi per poterlo fare. Necessità, contemporaneamente, pena il collasso sistemico, di alimentare il desiderio nella sfera immaginale-mediatica, mentre alla maggioranza della popolazione è del tutto impossibile accedere alla realizzazione del desiderio instillato, e ne consegue una pesantissima frustrazione. Il capitalismo tecnotronico-finanziario non è interessato alla famiglia, al ruolo della donna e dell’uomo, alle religioni, alle nazionalità, alle razze o stirpi o varietà umane, ecc. Per esso conta solo il denaro, le cui forme appaiono peraltro sempre più astratte, e contano le differenze quantitative nel suo possesso, che inevitabilmente trapassano in qualitative e materiali. Tutto sarà determinato solo dal denaro: è evidente ovunque in tutto l’Occidente, con contraddizioni che sono destinate a farsi sempre più spaventose su scala globale, e con contraccolpi violenti.
