Nella Chronicle 449 sul Tea Party, Eric Gans cerca di delineare i principi del pensiero vittimario dominante nella nostra epoca, che istituisce in Occidente una sorta di vittimocrazia:
- Nessun concetto di normalità, per quanto venerabile e apparentemente ragionevole, è accettabile quando viene percepito come stigmatizzante comportamenti che qualche gruppo identificabile di individui trova essenziali alla propria identità, purché non danneggi esplicitamente gli altri.
- Il senso di vittimizzazione suscitato nella parte offesa è accettato come evidenza prima facie di tale stigmatizzazione: ovvero l’onere della prova ricade sull’ accusato “normale” piuttosto che sull’accusatore.
- Al contrario, qualsiasi principio o comportamento di cui si possa affermare che potrebbe arrecare danno ad altri, e che nessun gruppo ritenga essenziale alla sua identità, dovrebbe essere strettamente vietato, anche quando il rischio rappresentato da cose come il “fumo passivo” sia infinitamente piccolo. Le vittime potenziali qui includono esplicitamente le realtà della “natura”, animata e inanimata: i sentimenti di indignazione per la “profanazione” della natura sono considerati come di natura simile al risentimento per l’ingiustizia personale.