
Il modo in cui i media occidentali hanno trattato la tragedia di Gaza si iscrive perfettamente nella cultura vittimaria dominante, nella quale l’ambito status di vittima viene assegnato secondo precisi orientamenti ideologici. Il numero delle vittime nel mondo è quasi infinito, ma esse assumono un peso diverso a seconda della loro appartenenza ad un genere o all’altro, ad una nazione o ad un’altra, ad una cultura o ad un’altra. Le vittime che sconvolgono maggiormente l’occidentale medio (che dai massacri e dai massacratori neri in Africa non si sente minimamente toccato) sono quelle causate dagli Ebrei. E questo dovrebbe portare ad una riflessione di cui l’occidentale medio oggi è incapace. La svolge a modo suo Eric Gans in National Antisemitism.
«Perché non figurano mai combattenti di Hamas tra i morti palestinesi? Perché gli israeliani morti sono solo soldati e i palestinesi solo civili?” si chiede Umberto Minopoli su Facebook. Ragionare con gli indignati è impossibile. Ma io dico: Hamas sostiene che l’esercito israeliano nasconde il numero reale dei militari caduti, che sarebbero molti di più dei 67 dichiarati. Nello stesso tempo non diffonde il numero dei palestinesi caduti nei combattimenti, che evidentemente ci sono stati e sono stati duri, altrimenti quei soldati non li avrebbero uccisi i miliziani di Hamas. Quindi nei media internazionali si percepisce questo: ai caduti israeliani corrisponde un numero altissimo di vittime palestinesi, tertium (ovvero caduti palestinesi) non datur. Non nego, ovviamente, che ci siano state vittime, e molte, e infatti ho parlato di tragedia di Gaza, ma affermo che se non si sa quanti siano i palestinesi caduti in battaglia ogni ragionamento serio è impossibile, e tutto finisce in uno scontro sterile e funesto di emozioni, di indignazioni e di ideologie.
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