Anno scolastico 1956-57, la prima elementare dell’istituto Beata Capitanio di Venezia si compone di trenta elementi, tra i quali sono io (indicato da una freccia bianca). Avevo già fatto lì due anni di asilo, riempiendo di aste e tondini molte pagine, e apprendendo l’importanza della disciplina esterna e interiore. E invidiando quelli che si fermavano a mangiare lì, portandosi il cestino da casa, mentre io, che abitavo vicino alla scuola, dovevo correre a casa mia, pranzare in fretta, e subito tornare in classe. La giovane maestra Franca Navarrini (il cognome potrebbe essere non del tutto esatto) la chiamavo “la maestra con la coda di cavallo”, perché non la vidi mai altrimenti pettinata. Dei compagni che qui rivedo ricordo molti perfettamente, nome cognome sembianze. Una maestra per trenta scolari, che crebbero alfabetizzati, alcuni anche molto alfabetizzati, pur essendo di famiglia umile. Altri tempi. I più indisciplinati tra noi alle maestre attuali apparirebbero angeli.

avanzo una ipotesi psico-socio-vestimentaria. All’epoca era norma che i bambini e le bambine avessero le ginocchia scoperte. Ovvero coperte di graffi,croste,cerotti e bende. Anche alle scuole medie (io frequentai l’ultimo anno prima della Scuola Media Unificata, anno scolastico ’62-’63) i pantaloni corti erano in maggioranza. In quarta ginnasio eravampo ancora in 6 o 7. Numero che si ridusse a due in quinta. Nel settembre ’67, in occasione della visita a Roma con babbo e fratello maggiore maggiore, prima dell’inizio del Livceo, feci finalmente il “grande balzo” con un paio di pantaloni lunghi beige, terribilmente scomodi nel caldo della capitale. Anche vestirsi, e accettare i vestiti, era una scuola di vita.
In generale, nella società di quei tempi vi erano distinzioni e iniziazioni che successivamente sono scomparse.
Angeli è anche troppo poco, visto che spesso hanno a che fare con veri e propri teppistelli difesi sempre a spada tratta dai genitori!!