Genius loci

Genius loci

Un esile libretto dal titolo attraente, che è quello del primo dei due racconti di cui è composto. Genius loci (trad. it. di L. Pignatti, Iperborea 2011) esplora un argomento frequente nella letteratura e caro alla Haasse, quello della casa fortemente legata ad eventi del passato, ovvero a presenze inquietanti, o a qualcosa che determina una forte e inspiegabile suggestione. Nel primo racconto si narra di una donna che col marito (e spesso da sola) passa le vacanze in una casa che la coppia si è fatta costruire in un luogo isolato, in un bosco ove sono appena visibili i ruderi di un antico pozzo. La protagonista finirà per scoprire che quel pozzo forniva secoli prima l’acqua ad un giovane nobile, colpito dalla lebbra e confinato nel bosco. Con questo, che ella percepisce come il genius loci, si crea (o ella penserà che si crei) un rapporto. Nell’ambiguità vedo qualcosa del Giro di vite di James.
Nel secondo racconto, La casetta in fondo al giardino, il tema cambia, ma non molto. Si narra di una giovane donna che va a trovare la madre, che vive in una casetta isolata dopo essere stata lasciata dal marito. In poche pagine, il rapporto difficile tra madre e figlia produce un’inquietudine sospesa tra l’elemento puramente psicologico e l’anomalia di un quid inafferrabile.

Nei due racconti i miei occhiali antropologici vedono una declinazione del grande tema dell’espulsione, che è il confinamento. L’espulsione del lebbroso dalla società umana viene sanzionata dal funerale dell’uomo, che è ancora vivo ma i cui legami con gli altri uomini, nel loro essere scambio e reciprocità, vengono tagliati. Per cui egli diventa un morto vivente. Il bosco in cui vive da morto si carica inevitabilmente di una sacralità negativa. L’autoconfinamento della madre nella casetta è a sua volta un evento di morte sociale. La donna matura che vive in solitudine tenderà ad assumere agli occhi degli altri l’immagine della strega. E in fondo è esattamente così che la madre finisce per apparire agli occhi della figlia.

2 pensieri su “Genius loci

  1. A proposito di espulsione mi chiedevo se il sistema espiatorio di Girard si potrebbe declinare pure in senso calcistico . Forse si, accettando la complessità di relazioni che ci sono in campo; due gruppi distinti, spazio costretto e condiviso, un singolo rappresentante di una realtà ideale esterna ordinatrice. Ripensandoci però non è che ci sia tanta complessità, anzi è tutto molto chiaro , il capro espiatorio non è il giocatore espulso ma è l’arbitro che infatti parte già cornuto dall’inizio. ah, ah, ah. Comunque volevo approfittare del riferimento all’ espulsione per chiedere qualcosa sul romanzo di Golding del Signore delle mosche,
    ho riletto tempo fa e non ho potuto fare a meno di accostarlo a Girard. Sicchè pensavo, ma Girard ha mai citato il romanzo? Può darsi che abbia avuto un influenza diretta sul suo pensiero? Sicche su google ho digitato i due nomi insieme, e l’unico documento che sono riuscito a recuperare è una lezione tenuta da Fabio Brotto, in cui tra altri romanzi veniva citato anche questo di Golding. A me il libro mi è garbato parecchio, e a dire la verità non è che sia riuscito a trovare molte altre notizie in rete. Mi pare di aver letto, che in Italia nonostante il Nobel, Golding fu piuttosto snobbato perché le sue tematiche fuoriuscivano da quelle delle lotta di classe molto “ricercate negli anni sessanta. Ecco io leggerei volentieri altre cose su di lui. Grazie per tutto il resto

    ciao,k.
    l

    1. Golding è un grande che in Italia ha avuto un successo limitato, è vero. Bellissima la sua “Trilogia del mare” che in tre romanzi racconta il lunghissimo viaggio di emigranti inglesi verso l’Australia ai primi dell’Ottocento. Penso che Girard non lo abbia letto, e in ogni caso non ne è stato influenzato. Ma “Il signore delle mosche” è pieno di materiale per coloro che pensano girardianamente…

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