Le questioni principali posti dalla condanna di Galileo sono due: quella della natura ipotetica e sperimentale della scienza moderna (circa l’aspetto ipotetico anche il Bellarmino aveva le sue ragioni e Galileo le sue debolezze), e quella dell’esercizio del potere da parte della Chiesa, ovvero del fatto che la sua autorità si è declinata nella realtà anche, e talvolta prevalentemente, come potere. Non la condanna di Galileo di per sé è stata la sventura della Chiesa cattolica, ma il fatto stesso che la Chiesa lo potesse sottoporre a processo e giudicare. Ma questo è dipeso dalla sua romanità, dal fatto che ha mutuato alcuni caratteri dell’impero romano, dal suo essersi costituita come struttura di amministrazione dl sacro, con tutte le necessarie conseguenze. E io non intendo certo sostenere che queste conseguenze non siano state storicamente necessarie. La necessità storica può benissimo essere, almeno per alcuni versi, una sventura.

non so se ho capito bene, ma per Galilei le conoscenze scientifiche non erano ipotesi, ma certezze. E’ questo il punto? D’altra parte almeno fino a Kant (in un certo senso compreso), e a parte Hume, la scienza fornisce certezze… Bisogna entrare nelle coordinate del periodo storico anche per situare la posizione della Chiesa abbastanza comprensibile allora e non giudicare in base al nostro sentire di oggi. Il discorso che fai mi pare abbastanza vicino all’introduzione di Bruno Forte alla famosa iniziativa di Giovanni Paolo II: la Chiesa chiede perdono.
Penso che la “romanità” della Chiesa cattolica sia un problema che sussiste anche oggi. Del resto, anche la “comprensione” di posizioni antiche in base alle coordinate culturali è qualcosa di estremamente problematico. Perché “comprendere” l’inquisizione e non i sacrifici aztechi, o viceversa?