Un vecchio pensiero 2

La critica al consumismo negli anni Sessanta e Settanta è fallita, questo è un dato evidente. Occorre vederne i perché. Se continuerà anche oggi, davanti alla Globalizzazione, ad essere la stessa critica, ovvero un’espressione del risentimento di quella parte dei ceti intellettuali che sentono di avere meno parte della torta (intesa come centralità) di quella cui pensano di avere diritto, la critica non farà molta strada. Più che di intrinseca bontà della società dei consumi, penso che si possa parlare del minor male costituito, rispetto alle altre forme possibili, dal libero mercato che vi è connesso. Si tratta sempre di realtà storiche transeunti, e sfaccettate. Il consumismo è strettamente connesso alla gestione del risentimento sociale, la circolazione delle merci facilita la circolazione del risentimento, impedendone gli ingorghi che determinano gli scoppi di violenza. Ma nessuna struttura socioeconomica è in sé perfettamente buona.

Io nutro il perenne sospetto che dietro le critiche attuali al mercatismo ci sia la “critica” dell’Ebraismo.

Un pensiero su “Un vecchio pensiero 2

  1. L’idea che esista questa affinità tra mercatismo ( capitalismo ) e ebraismo (dimostrata dal fatto che la critica al primo nasconderebbe la critica al secondo ) associata alla vecchia tesi della affinità tra socialismo reale ( v.bolscevismo ) e ebraismo ( globalizzazione , scristianizzazione ) porta a risultati paradossali perché coincide con un idea paleonazista della storia del secolo XX .
    Ossia con l’idea che capitalismo e comunismo fossero i due magli con cui schiacciare l’Europa , la sua cultura, la cristianità .E che questi magli fossero due solo in apparenza .
    Tesi pericolosa perché aprirebbe la strada all’addossare agli ebrei ogni responsabilità riguardo le fatali iniquità e disumanità del mondo contemporaneo , facendone un capro espiatorio .

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