«… mia cara, stimatissima Pizia, che Creonte sia fedele te lo concedo, così come ti concedo che la fedeltà sia una virtù meravigliosa e onestissima; ma tu non scordare che non c’è dittatura senza fedeltà, la fedeltà è la solida roccia sulla quale si erige lo Stato totalitario, che senza di essa affonderebbe nella sabbia; per la democrazia è necessaria invece una certa mancanza di fedeltà, una attitudine più svolazzante, più irresoluta, più fantasiosa.»
(Friedrich Dürrenmatt, La morte della Pizia, Adelphi, 21ª ediz. 2009, p.44)
«Mio padre era un tiranno, perfido e superstizioso. Sapeva benissimo che ogni tirannia diventa davvero insopportabile solo nella misura in cui è solidamente fondata. Niente al mondo, infatti, l’uomo sopporta con più difficoltà di una giustizia implacabile. Proprio questa egli ritiene supremamente ingiusta. Tutti i tiranni che fondano il loro dominio su grandi principi, l’uguaglianza dei cittadini tra loro o l’idea che i beni di ognuno appartengano a tutti, suscitano in coloro sui quali esercitano la loro potestà un sentimento di soggezione incomparabilmente più mortificante di quelli che, anche se assai più ignobili, si accontentano come Laio di fare i tiranni, troppo pigri per addurre una qualsiasi giustificazione al proprio comportamento : essendo la loro dittatura lunatica e capricciosa, i sudditi hanno la sensazione di poter godere di una certa libertà. Non si sentono tiranneggiati da una arbitraria necessità che non consente loro speranza alcuna, ma piuttosto da un arbitrio assolutamente casuale che ancora permette qualche speranza». (pp. 52-53)
Molto bello, il passo intendo. E notevole la riflessione. Sì, c’è sempre un intrinseco gioco di rovescimaneti tra democrazia e autoritaririmo.