L’illusione di Dio 8

Arriviamo così alla contestazione di Dawkins contro l’etichetta di “fondamentalista laico”:

I fondamentalisti sanno di essere nel giusto perché hanno letto la verità in un libro sacro e sanno, in anticipo, che nulla li smuoverà dalle proprie convinzioni. . .  Se l’evidenza appare in contraddizione con esso, è l’evidenza che deve essere buttata fuori, non il libro. Al contrario, ciò che io, come scienziato, credo (per esempio, l’evoluzione) non lo credo a causa della lettura di un libro sacro, ma perché ho studiato le evidenze. Ai libri sull’evoluzione non si crede perché sono sacri. Vi si crede perché presentano una schiacciante quantità di prove che si reggono reciprocamente. (282)

Si potrebbe affermare, tuttavia, che mentre i fondamentalisti religiosi espellono tutte le prove che contraddicono il loro libro sacro, Dawkins trascura e distorce l’evidenza che non serve alla sua agenda di proselitismo. Si consideri, ad esempio, la sua difesa dell’ateismo: “L’importante è… se l’ateismo influenzi sistematicamente le persone a fare cose cattive. Non c’è la più piccola prova che lo faccia”; “Degli atei individualmente possono fare cose cattive, ma non fanno quelle cose in nome dell’ateismo “; “Perché qualcuno dovrebbe andare in guerra nel nome dell’assenza di una fede?”(273). Ma l’ateismo non è una mancanza di fede. L’ateismo è una pretesa di fede, simile a qualsiasi altra pretesa religiosa di fede proprio in questo, nel fatto che non può essere sostenuto con delle evidenze empiriche. In questo senso, l’ateismo è una credenza che può facilitare e fondare altre credenze, in nome di cui la violenza può essere commessa. Dawkins dichiara: “Non credo vi sia un ateo al mondo che raderebbe al suolo La Mecca – o Chartres, l’Abbazia di York, o Notre Dame “(il corsivo è mio) (249). In realtà, il marxismo è un’ideologia atea per la quale le autorità sovietiche sistematicamente hanno distrutto ed eliminato la maggior parte delle chiese e dei sacerdoti durante il periodo 1918-1941. Questa violenza e repressione è stata avviata nel perseguimento di un progetto ateistico – l’eliminazione della religione (Dickinson 327-35, in McGrath 78).
Quando una società respinge l’idea di Dio, può trascendentalizzare delle alternative, come gli ideali di libertà o di uguaglianza o di ragione. Questi allora diventano quasi autorità divine, che è a nessuno è consentito sfidare. Forse l’esempio più familiare data dalla Rivoluzione Francese, in un momento in cui i tradizionali concetti di Dio sono stati scartati in quanto obsoleti e sostituiti da valori umani trascendentalizzati (McGrath 80-1). Reinhold Niebuhr osserva che coloro che

sospirano e anelano alla distruzione della religione come all’unica possibilità di emancipazione dell’umanità dal fanatismo. . .  [Non riescono a] capire che si tratta di un problema più fondamentale di ogni altra cosa creata da questa o quella religione, ovvero del problema del relativo e dell’assoluto nella storia. . . che le soluzioni alternative, come si sono evolute nella cultura secolare, ci mettono davanti o l’abisso dello scetticismo o nuovi fanatismi. (220)

Questo significa che tanto il secolarismo quanto la religione possono “insinuare… nuove e false verità ultime entro visioni della vita che sono evidentemente solo provvisorie e pragmatiche” (Niebuhr 238; Berg, 1603). Per queste ragioni, una prospettiva niebhuriana sfida l’affermazione che in una sfera pubblica spogliata di influenze religiose noi saremmo in grado sostanzialmente di realizzare dialogo, deliberazione e dibattito razionali. In effetti, Niebuhr è preoccupato che l’esclusione della religione crei uno spazio pubblico di discussione morale per prospettive che possono essere altrettanto pericolose e di divisione (Berg 1604). Pericolose perché possono essere altrettanto illusorie e auto-centrate quanto il peggio che la religione ha da offrire.
Sia il fondamentalismo religioso che quello secolarista, quindi, dipendono da un tipo di fideismo. La fede dei fondamentalisti religiosi è l’accettazione di verità senza riguardo alle pretese concorrenti della ragione; la fede dei fondamentalisti laici globali è che senza la ragione empirica non c’è nulla. I fondamentalisti religiosi si isolano, ignorando le pretese che potrebbero mettere a repentaglio la loro comprensione religiosa, mentre i fondamentalisti laici seguono una epistemologia che li separa da quelli che considerano la religione come una almeno potenziale fonte di verità (Conkle 349-50). Ognuno dei due gruppi risiede nella sua propria epistemologia, isolato dall’altro, e incapace di comunicare attraverso il baratro (Conkle 348).

7 pensieri su “L’illusione di Dio 8

  1. Quello che è incredibile è che i milioni di morti dell’ideologia (o religione) marxista rendono ancora ciechi (magari fossero diversamente vedenti !) coloro che nei giorni nostri urlano e si sbracciano al solo sospetto che il potere spirituale possa influenzare il potere politico. Credo che i fotoni del buio più nero causino cecità cerebrali incurabili (“perdona loro perchè non sanno quello che non pensano).

  2. “L’ateismo è una pretesa di fede, simile a qualsiasi altra pretesa religiosa di fede proprio in questo, nel fatto che non può essere sostenuto con delle evidenze empiriche.”

    Dovresti argomentare meglio questa affermazione, dato che è il fulcro della tua critica a Dawkins.

    Tra l’altro, l’ateismo non è una “pretesa di fede”, anche se non è basato su “evidenze empiriche”, perché avere “fede” che qualcosa esista e avere “fede” che qualcosa non esista non sono la stessa cosa.

  3. Sono perplesso anch’io sul parallelo tra fede e ateismo in quanto fideismo. A mio avviso l’ateismo è comunque parassitario, ha bisogno del teismo per stare in piedi. In questo senso, l’antropologia generativa, mostrando la contemporaneità di teogenesi e antropogenesi, dà conto dell’uno come dell’altro.

  4. Se è vero che “non può esserci ateismo completo che ‘dopo’ il cristianesimo” (cfr. il fondamentale saggio di Augusto Del Noce), è altrettanto vero che, da un punto di vista generale e, per così dire, di evoluzione della specie, il laicismo moderno, di cui l’ateismo moderno è l’espressione più alta, segna l’avvento di una fase in cui l’esigenza, ancestrale nell’uomo, di una trasfigurazione religiosa dei suoi problemi di rapporto col mondo e con la propria esperienza si avvia finalmente ad un esito razionalistico.
    A questa altezza dei problemi che si pongono agli uomini dell’inizio del terzo millennio, in un’epoca che, come dimostrano la mancata parusìa e l’esistenza stessa della Chiesa, è ormai oggettivamente post-cristiana, sarebbe auspicabile che, nella ricerca degli intellettuali di orientamento cattolico la risposta alle domande di senso sulla vita e sulla morte, sull’integrità della persona e sui confini della scienza, nonché alle domande di metodo sul rapporto e sulla distinzione fra politica, scienza, fede e morale, fosse costantemente misurata sulla realtà dell’‘ateismo pratico di massa’. Si tratta di un presupposto che ha un’evidenza impressionante, ma che, come tutto ciò che è noto, non sempre è conosciuto. Si può descrivere tale presupposto in questi termini: milioni di uomini in Europa, tacitamente, senza dirlo, sono usciti dal cristianesimo e dalla Chiesa, si sono allontanati dalle prescrizioni religiose in materia di condotta individuale e sociale, han-no adottato modelli di vita completamente schiacciati sulla considerazione della dimensione mondana e immediata come criterio delle opzioni razionalmente valide, hanno smesso il cristianesimo come un vestito non adatto, hanno abbandonato la Chiesa come se fosse un cimitero che si visita ancora occasionalmente, per motivi specialissimi, ma in cui non si abita e non si vive. “Hic Rhodus, hic salta”.

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