Cacce sottili (Subtile Jagden, 1980, trad. it di A. Iadicicco, Guanda 1997) è un libro fatto per piacermi sin dal titolo. Si tratta di uno di quei (pochi) libri in cui uno vede rispecchiato se stesso nelle proprie attitudini più profonde. E la mia attitudine essenziale è quella del cacciatore. Il cacciatore e il collezionista hanno molto in comune, e non è un caso che entrambi siano espressione dello spirito maschile (la donna raccoglie, non caccia – si tratta di due espressioni differenti). Quando la caccia è rivolta al mondo degli insetti, come nella caccia sottile di Ernst Jünger, essa tende a coincidere con il collezionismo quasi totalmente – quasi, non del tutto.
Fin da giovane, Jünger sviluppò un appassionato interesse per il mondo degli insetti, e soprattutto dei coleotteri. Ma le sue cacce si concentrarono, come sempre accade, su un limitato numero di specie. Tra tutti i coleotteri, quelli che lo affascinarono furono i carabidi, e in particolare la cicindela. E il libro parla molto degli incontri con questo insetto, in giro per il mondo.
A me è accaduta la stessa cosa, alla fine degli anni Cinquanta. Prima le farfalle, di cui feci collezione, poi i coleotteri. Il mio interesse si polarizzò sui carabi e sulle cicindele. Come Jünger – ed è questo che mi fa leggere il libro con un’ adesione intima, con una partecipazione delle viscere – ho ammirato i carabi come animali ctonii, del regno delle pietre e del muschio, degli angoli oscuri dei boschi; e nelle cicindele ho visto l’aspetto etereo, il loro essere più del cielo che della terra, la loro velocità. Ma carabi e cicindele hanno una cosa in comune, che è il loro essere predatori instancabili. Come sempre, in ogni regno animale l’uomo è attratto da chi preda e uccide. Lì va spontaneamente la sua ammirata contemplazione.
~ Ernst Jünger a caccia di insetti, come narrato in Due volte la cometa – documentario di James L. Frachon
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