L’agnello di Dio, sgozzato sin dall’inizio del mondo.
Dio si mostra sotto l’aspetto di una vittima sacrificata e morta.
Una tribù di allevatori che immaginasse che gli animali si lasciano uccidere per nutrire il popolo, c’è modello più puro di dedizione? È esattamente quel che fa il Cristo per il nutrimento spirituale. A motivo di questa dedizione la vittima è santa, l’uccisione è un atto religioso compiuto in un luogo santo, davanti a un altare; e la vittima è offerta a Dio. La vittima stessa è un’immagine di Dio.
Occorre o che non si mangi carne, non si uccidano animali. O che gli animali siano considerati alla stregua delle macchine come in Descartes. Ovvero che la loro morte sia circondata di simili immagini religiose Altrimenti, che cosa di più atto a togliere ai bambini ogni nozione morale?
I sacrifici umani, se avvenivano realmente con il consenso della vittima, erano un esempio puro ed esaltante per tutto il popolo. (Ma non c’erano garanzie di libertà).
Sacrificio, ciò che rende sacro, ciò che realizza la santità.
Solo il consenso della vittima può fare del sacrificio una cosa veramente sacra e quindi veramente purificatrice, un sacramento. È ciò che accade nella messa. Nel passo sul giusto sofferente, Isaia si è limitato a recuperare il significato vero e primitivo del sacrificio.
Bisognerebbe sapere se tra i popoli antropofagi vi sono tradizioni su uomini che si siano offerti liberamente come cibo.
Ma in un simile atto, la libertà, il consenso, sono perfetti e del tutto irrefutabili solo se è Dio a compierlo. E quindi solo in questo caso l’uccisione può essere pura, perché « il mutuo consenso è la perfetta giustizia » (Simposio).
Dio che discende in un agnello per essere sgozzato e mangiato, questo soltanto rende pura l’uccisione di un agnello e il cibo.
Se Dio può essere realmente presente in un pezzo di pane, perché non sarebbe stato realmente presente, per coloro che avevano una simile fede, in un agnello?
L’agnello poteva essere mangiato senza commettere un delitto se si consentiva a imitarlo. (III, 243-246)
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In alcune pagine dei Quaderni Simone Weil sfiora la piena comprensione della natura del sacrificio, ma non la raggiunge, perché vi è impedita dalla sua idealizzazione del mondo egizio e greco, e da un eccesso di esoterismo. La mancata distinzione tra sacro e santo si accompagna in lei allo stretto nesso istituito tra il giusto e il puro. Ma la dialettica puro/impuro precede la nascita della coscienza morale, e affonda le sue radici nella matrice oscura dell’umano. La colpa e l’impurità sono due realtà differenti: chi uccide un innocente non è impuro, ma colpevole. La rivelazione biblica e quella cristiana illuminano quella dialettica e i suoi presupposti sacrificali.
ho scoperto perchè la Weil odia le sue origini …
ciao