Nell’interpretazione “storico-religiosa” del mito di Adone sviluppata da G. Piccaluga, la comparazione con differenti società arcaiche (dal Nord-ovest canadese ai pigmei della foresta equatoriale) porta a delineare una configurazione mitica della caccia, un mitologema costruito sulla divisione tra due periodi culturali nella Storia dell’uomo. Da una parte, la caccia autentica: l’attività cinegetica nella sua funzione primordiale e fondamentale quale s’impone ad un’umanità la cui economia dipende interamente dalla caccia, alla quale vengono ad aggiungersi solo in via complementare i frutti della raccolta. Dall’altra, in un’epoca culturale della storia dell’uomo dominata dalla produzione di piante coltivate, la caccia regressiva come attività che l’economia incentrata sui cereali rende desueta e anacronistica. Questo modello, d’origine etnografica, serve da griglia per ordinare la mitologia dei cacciatori nel mondo greco, e per denunziare, sotto l’apparente confusione delle narrazioni relative alla caccia, la struttura che contrappone i due comportamenti cinegetici fondamentali. Agli eroi cacciatori, come Orione, Ippolito e Atalanta, le cui avventure si snodano senza alcun riferimento alla sfera dell’agricoltura, associati più o meno strettamente dal loro destino all’instaurazione di un ordine di tipo cosmico, succedono e si oppongono a loro volta una serie di praticanti della caccia, come Atteone, Perdicca o Melanione, la cui carriera segue una sorta di binario fisso: ostili ad Artemide, spesso addirittura in esplicito conflitto con lei, più abili a disporre i lacciuoli e a catturare animali timidi che a inseguire la selvaggina grossa e ad affrontare le grandi fiere, sono dei cacciatori già a metà stornati verso l’agricoltura, che scoprono i cereali, inventano le tecniche della coltura e arrivano addirittura a trascurare le proprie occupazioni cinegetiche. Cacciatori inutili e coltivatori senza speranza, divisi tra due tipi di vita contraddittori, lacerati tra Artemide e Demetra, come potrebbero sottrarsi a un destino tragico? Alcuni fuggono il genere umano, altri muoiono d’inedia, certuni incupiscono in una violenza convulsa o si danno all’omosessualità. Per G. Piccaluga, Adone appartiene alla categoria dei cacciatori infelici. Tanto più che nessun mito di caccia pare raccontare in maniera tanto convincente, fin nei suoi dettagli più anodini, le sventure di un eroe che non diviene pienamente se stesso se non cancellandosi di fronte alle realtà di un mondo del quale annuncia la buona novella, ma che lo destina ineluttabilmente ad una penosa morte. Ancora una volta, è alla ‘realtà storica’ che il mito di Adone viene ad essere riferito, e con ciò stesso svelato, senza nessuna violenza, in nome dell’evidente relazione che “la mitologia, come ogni creazione culturale, ha con la storia della quale è prodotto”. Ma la Storia di G. Piccaluga–c’era da aspettarselo–non concorda necessariamente con ciò che altri fiduciosamente chiamano ‘realtà storica’. Due caratteristiche, nel caso specifico, la rendono singolare. Da un canto, abbiamo l’apertura su di un orizzonte temporale senza limite, estraneo alla cronologia pignola dei contabili di Olimpiadi, e nel quale la civiltà greca detta del I millenio a.C., una volta confrontata con gli insiemi culturali primitivi, si vede assegnare nella storia dell’umanità la posizione che solo la comparazione permette di calcolare senza errore. Rispetto a una Storia che si vuole attenta ai cambiamenti, e che ordina le azioni nel tempo lineare di un racconto ‘cronofago’, l’analisi ‘storico religiosa’ della Piccaluga appare come una storia segreta che si appunta, sotto l’apparenza degli avvenimenti, al concatenarsi delle relazioni e all’ordine concettuale che ad essi soggiace. Queste affinità con un’interpretazione di tipo strutturale sembrano confermate da una seconda caratteristica. In effetti, l’interpretazione imposta in questo caso dal processo comparativo si presenta come un modello che integra nell’opposizione immobile di due insiemi economico-culturali un elemento di diacronia, ridotto alla semplice espressione di un rapporto di anteriorità e posteriorità. L’antitesi cinegetica che ci viene proposta non può dunque essere scartata col pretesto che si tratta di un fossile vivente, di uno di quei residui altrimenti noti con l’affettuoso appellativo di ‘sopravvivenze’. Dietro la maschera ingannatrice di una Storia il cui territorio è delimitato dall’omologia culturale, bisognerà riconoscere una sorta di analisi strutturale dei miti di caccia nel mondo greco. In questa prospettiva, la divisione tracciata dalla Piccaluga tra due tipi di cacciatori promuove un certo numero di osservazioni sulla pertinenza del modello proposto.
(da Dioniso e la pantera profumata, di Marcel Detienne, Laterza, Bari 1981)