L’anima e il suo destino 6

mancu.jpgLa dottrina di Mancuso è il panenergismo: egli pensa che tutto sia energia. Quindi il corpo e l’anima sono la stessa cosa (p. 85).  Io credo che questa idea (che ricorda un po’ Epicuro e la sua visione della realtà come costituita di atomi a tutti i livelli, compresi visioni, sogni, pensieri, e l’anima stessa) sia erronea. Perché affermare che tutto è energia significa attribuire a tutto una misurabilità, e significa attribuire la natura dell’energia anche al pensiero e al segno, che è appunto ciò che differenzia l’umano dal non umano. L’attività cerebrale è certo energia, e infatti i processi elettrochimici del mio cervello, esattamente come quelli del cervello di un cercopiteco, possono essere misurati, e addirittura con la neuro-imaging fotografati. Ma la mia attività cerebrale è la base di un pensiero e dell’elaborazione di segni, mentre quella di un cercopiteco, o addirittura di un bonobo, il cui patrimonio genetico è quasi identico al mio, non produce né segno né pensiero. La natura di segno che ha un oggetto, ad esempio un tratto di penna sulla carta, non dipende dalla quantità di energia, proprio per il fatto che la sfera del segno – e del pensiero che è fatto di segni – trascende totalmente il piano mondano degli oggetti e dell’energia. Se noi affermiamo che tutto è energia, allora il pensiero “Dio è l’essere di cui non si può pensare il più grande” sarebbe forse più energetico del pensiero “la mia marmellata è ammuffita”? Ma la natura e il peso di questi due pensieri non sono misurabili in relazione all’energia che vi si esplica. E anche se nel cervello fosse constatabile un’attività elettrochimica più intensa quando io penso pensieri teologici, la natura segnica del pensiero non sarebbe evidenziabile da alcuno strumento. Insomma, il pensiero non è energia più di quanto la sonata Al chiaro di luna sia mero suono. Ma il pensiero indubbiamente è. Il segno è, e dunque l’essere non è energia, perché se fosse riducibile ad essa avremmo energia=energia, e il discorso sarebbe aporetico, come infatti è in Mancuso. Mancuso si impegna nel tentativo di dimostrare come l’idea tradizionale cattolica di una creazione diretta della singola anima da parte di Dio (mentre il corpo viene generato dai genitori) sia falsa. Per lui, la dimensione spirituale deriva dalla materia (p. 86). Qui forse si obnubila la differenza tra materia ed energia, ma a parte questo mi sembra emergere una fallacia nel ragionamento quando per confutare l’idea che lo spirituale non può derivare dal mondano il teologo scrive:

Io ritengo che si tratti di un ragionamento infondato e che si possa sostenere la spiritualità dell’anima anche senza pensarla creata direttamente da Dio, esattamente come la musica o la pittura o il Buddhismo sono altamente spirituali senza per questo essere creati direttamente da Dio. La prospettiva tradizionale presuppone che la dimensione spirituale non abbia nulla a che fare col mondo, e manifesta con ciò un’incapacità di pensare l’origine divina dell’essere del mondo. (pp. 86 – 87).

Ora qui l’errore è palese. La spiritualità della musica non dimostra infatti per niente che la tradizione cattolica è in errore: infatti la musica è spirituale in quanto prodotto di un ente spirituale quale è l’uomo: la spiritualità della musica e dell’arte ecc. è una manifestazione della spiritualità dell’umano, e non mette in questione la creazione immediata dell’anima da parte di Dio. Il ragionamento mancusiano avrebbe qui senso solo se la musica fosse un mero prodotto della natura: allora si potrebbe dimostrare che il mondano ha in sé la potenzialità dello spirituale. Dicevamo che Mancuso pare oscillare tra una salvezza concessa a tutte le anime (apocatastasi) e l’idea che l’anima possa conseguire l’immortalità solo attraverso un processo di estrema spiritualizzazione, che renderebbe l’immortalità una conquista di pochi. Infatti, poiché l’anima secondo Mancuso non è creata direttamente da Dio, ma come tutto deriva dalla mediazione del mondo, essa non è immortale a priori.

Qualcosa può essere immortale solo in quanto è divino, e l’anima può essere divina: è sufficiente che rientri in se stessa e comprenda la sua origine, di fare parte di questo divino processo creativo, un’ininterrotta effusione di essere, di “polvere vitale”, volta alla costruzione ordinata del mondo. L’anima diviene divina quando cessa di voler diventare qualcosa di importante, di affermare se stessa, di essere qualcuno. Quando l’anima si fa povera, aderendo al nudo essere qui, felice di essere qui, conciliata con l’essere qui, con l’innocenza dell’essere qui, aderisce totalmente all’ininterrotto processo divino. È rientrata in se stessa, ha conosciuto se stessa, è divenuta parte consapevole dell’essere di Dio, è diventata divina, quindi immortale. L’anima diviene divina nella misura in cui si lascia abitare dall’essenza divina, cioè dal bene, il bene oggettivo come relazione ordinata che è il principio del mondo. L’anima che si espone al bene, che si fa modellare dal bene, e che inizia a sua volta a generare bene, porta a compimento la logica che presiede la generazione e la costruzione del mondo da parte della natura-physis, e diviene sovra-naturale, cioè divina, quindi immortale. (p. 91)

È sufficiente che rientri in se stessa e comprenda la sua origine: il sapore gnostico di queste parole mi sembra evidentissimo. Dunque: mediante la generazione l’anima viene al mondo (dotata subito di individualità, e potenzialmente di spiritualità e immortalità), ma è solo con un processo di educazione che dal suo essere meramente sensitiva si può sviluppare in razionale, spirituale e infine santa, cioè volta puramente al bene (pp. 94 -95). E qui imprevedibilmente, nell’ultimo snodo, ecco intervenire direttamente Dio come azione dello spirito santo, con la grazia che eleva la natura a sovra-natura (p. 95). Dunque: Dio non interviene mai nel mondo, se non con la grazia che rende alcune anime sante. Così sembra di capire, e sembra di capire che si apra qui una falla nell’ordinamento mancusiano della realtà. Concludiamo il post: mentre il corpo è energia nello stato di materia, l’anima è energia allo stato libero (che vuol dire? perché e come resta legata a questo corpo?) (p.97). Ritorna il problema dell’individuazione, e del principio che consente a quest’anima di rimanere separata dalle altre pur essendo tutte energia allo stato libero.

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