Distruzione

nk1.jpgChe distruzione e spettacolo siano intimamente connessi mi pare una cosa evidente. Più rifletto sulla spettacolarità, più mi convinco che essa è anzitutto visione della distruzione. Basta pensare a cosa distingue un film spettacolare da uno che non lo è. La distruzione può essere operata dalle forze della natura, e soprattutto dal fuoco, che esce dalla natura e si pone nelle nostre mani, e quindi può essere operata dagli uomini. Signoreggia il fuoco l’umano non-più-animale. Fuoco che ci attira irresistibilmente, come ha mostrato Canetti. Ci attira e ci terrorizza insieme, perché esso è tremendum et fascinans. Esso è dunque esattamente il Sacro, che è bello contemplare di lontano, evitando di esserne contagiati. Ed è anche la cifra della massa scatenata e furiosa. Il fuoco che avvolge Troia. Il falò attorno a cui uomini donne e bambini si stringono attoniti. Quello che i guerrieri scagliano sui nemici. Quello che avvolge il roveto in cui si manifesta l’Essere senza nome. Tutte le culture umane sognano di avere il potere del fuoco, e di rovesciarlo sulle altre culture, quelle che esse odiano.

6 pensieri su “Distruzione

  1. Egregio Brotto, prima di tutto ci tengo a precisare che trovo questo blog molto interessante, complimenti…
    ora, in merito a questo post, occupandomi da parecchio di sacro, vorrei solo aggiungere una cosa: personalmente, ho corso spesso il rischio di applicare le categorie di fasciono/repulsione del sacro a qualsiasi cosa che affascini e respinga… era proprio Bataille che faceva il paragone del fuoco, ma metafore a parte, è opportuno delimitare il campo e magari, affrontare una categoria ancor più sorpentente e onnicomprensiva del sacro, l’antistoricità. E aggiungo, solo ultimamente ho capito, allontanarsi il più possibile dalle categorie interpetative girardiane…
    ci tenevo a dirle insomma che i miei orientamenti sono molto cambiati!
    un saluto,
    Alessandro

  2. Tutti possono cambiare i propri orientamenti. Personalmente, non mi considero un “girardiano ortodosso” e nemmeno un girardiano al modo di Fornari (il migliore che c’è).

    Quando Lei parla di antistoricità, che cosa intende esattamente? Confina con l’a-storicità? A mio modo di vedere, quella di “sacro” è categoria che si intreccia con la storicità (almeno in alcune civiltà, tant’è che si parla di “Storia sacra” ecc.).

  3. Se mi pemette le do del tu. Quando parlo di sacro intendo sempre un fenomeno antistorico, non a-storico. Da storicista qual sono, non esiste nulla che faccia a meno della storia, e non ammetto, a livello metodologico, che il sacro possa essere indivuduato in un fenomeno che si “cala” nella storia e nelle culture umane. Ciò, semprre a livello di metodo, snaturerebbe tutto il lavoro di studio. Detto ciò, quanto intendo il sacro come antistorico volgio esprimere il fatto che l’uomo con ciò che reputa sacro si comporta, collegandomi al tuo post, con un tipico atteggiamenti: rifiutando il suo “esserci”, il suo essere nella storia, ma non rifuitandolo in toto. Il sacro, ciò che è antistorico, serve paradossalmente a rendere vivibile la storia. Di qui nasce l’ambivalenza, che non è certo la fantasmagorica ambivalenza della vittima, o della violenza girardiana; L’ambivalenza dell’uomo verso il sacro si manifesta non soltanto nei casi, usando un linguaggio della scuola fenomenologica, di ierofanie, cratofanie negative (paura dei morti, di spiriti, di cose contaminate ecc), ma anche nelle forme religiose più evolute. Perfino una teofania come quella che rivelano i mistici cristiani suscita, nella grande maggiornaza delle pesone, non solo attrazione, ma anche ripugnanza.
    Quanto affermi sul sacro, che si intreccerebbe con la storicità, lo condivido, e traspare da quel che ho detto. Usando Ugo Bianchi, si può affermare, chiarendo meglio, che non c’è una valorizzazzione della storia
    se non c’è una netta distinzione fra sacro e profano, fra antistoria e storia. La realtà del sacro investe la vita, certo, e la rende reale e ricca di senso, ma non sensza la radicale distinzione fra sacro e profano, di cui la vita valorizzata s’imbeve. Il volano della valorizzazione della storia, della vita del’uomo, è in effetti la netta distinzione che sussiste fa due mondi totalmente non sovrapponibili, di cui uno è reale, pieno di senso e significato, vivo, potente, l’altro diventa tale solo nel momento in cui “comunica” col primo.
    Quanto al concetto di storia sacra, non vedo molta differenza fra ebraismo/cristianesimo e altri religioni… cristo è sì una kenosis del sacro, ma non è molto diversa da un buddista che parla di un “liberato in vita”. Il cristianesimo/ebraismo, da sempre individuato come una religione creatirice di storia lineare, si riconducono ad uno schema che è antistorico: quello di un ritorno alle origini, al l’inizio, all’ede primordiale, non a ciò che è stato, non alla storia, ma a ciò che è stato, cio che è. Contrariamente a ciò che parrebbe indicare Agostino, il cristianesimo è un circolo più che una linea, una ricapitolazione più che apertura al nuovo, alla storia. Un cristiano, quando celebra la passione di Cristo sull’altare, non assiste ad una semplice commemorazione (nota il termine, che è laico, storico). Secondo Trento, non RICORDA un evento ma riattualizza un mistero. Gesù muore davanti a lui. Ciò è lo stesso comportamento di un africano che rievoca il Grande Tempo, mediante riti e miti, per rendere reale il presente, ricco di senso, significato, santo. Un cristiano come un buddista, o gli stessi Boscimani, non vivono nella storia, nel mondo pofano; ci sono continue rotture periodiche che immergono il cristiano nel tempo sacro; ed il tutto culminerà con l’abolizione finale del vituperato tempo profano, e la restaurazione penenne del grande tempo, mediante la parusia… dove non ci saranno più lacrime, nè più dolore. Dove insomma, la morte, l’angoscia del tempo, il “profano” sarà per sempre abolito…

  4. per la fretta ho sbagliato una frase importante, a metà post:
    “…ritorno alle origini, al l’inizio, all’ede primordiale, non a ciò che è stato, non alla storia, ma a ciò che è stato, cio che è.”

    la frase corretta è:

    ritorno alle origini, all’inizio, all’eden primoridale, non a ciò che sarà, non alla storia, ma a ciò che è stato, ciò che è.

  5. Nella mia visione, invece, il nucleo della Bibbia e i Vangeli presentano un messaggio fondamentalmente antisacrale. Questo messaggio antisacrale è già nel Dio senza nome né immagine dell’AT, e si conferma in Gesù, l’uomo in cui vediamo il Padre. Sacro significa anzitutto sacrificio, e nella Bibbia si fa strada (in modo dialettico) l’idea che a Dio i sacrifici non interessano affatto, ecc. Il sacro è cratofania, e Gesù viene nella totale debolezza di un bambino inerme. Ma lo scontro tra il sacro e Dio pervade tutta la Bibbia, appare nei Vangeli e perdura nei 2000 anni di Cristianesimo. Il Cristianesimo è una realtà paradossale e intimamente conflittuale. E il sacro, come tu dici, appare anche nella messa cattolica, in cui un sacer-dote celebra il sacri-ficio di Cristo. Paradosso: poiché chi lo ha ucciso non intendeva fare un sacrificio, ma un’esecuzione capitale, che per i Romani era già cosa tutta profana. Sacro e Potere sono legati, la Chiesa nei secoli in quanto gestiva il sacro si è fatta potente (in futuro sarà di nuovo perseguitata, anche in Europa, e forse sarà un bene).

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