di Fabio Brotto
Penetravano il cuore dell’estate
ma entrando dissipava il breve lume
la musica del tempo
e li scioglieva.
Ascendevate le scale sublimi
ma dentro il cuore l’abisso non scavava
vie di rifugio dalla pace morta.
Né altra luce intendo
se non della fragilità canto sottile,
voce trista, finale
della risacca, della schiuma incenso.
Dove la stasi non è data, al fiume
dei cantori, là scende
l’acqua dolce, che copre
putrefazioni, vecchie cose morte.
L’agilità del Verbo che sedusse
generazioni si franò le rive.
Come canna sbattuta dal vento
sul fango sta il profeta.
Nel fango scrive.
Disegno di Giuseppe Ghedina (1825 – 1896)