Un libretto di sole 81 pagine, ma ricco di pensiero e di stimoli questo A Short Treatise on the Metaphysics of Tsunamis (Michigan State University Press 2015). Si tratta della traduzione in inglese di un testo di Jean-Pierre Dupuy pubblicato nel 2005 per le Editions du Seuil, Petit métaphysique des tsunamis. Di Dupuy ho letto Economy and the Future e Rational Choice before the Apocalypse. Si tratta di un pensatore apocalittico-razionale di grande interesse e profondità. In questo trattatello prende in esame il rapporto degli umani al futuro, e la posizione che essi assumono davanti alle grandi catastrofi e al tema della responsabilità davanti ad esse: eventi come il Terremoto di Lisbona e lo Tsunami dell’Asia vengono messi in relazioni ad altri eventi apparentemente del tutto disomogenei, come la Shoah e l’annientamento di Hiroshima e Nagasaki, mostrando la radice della responsabilizzazione dell’umano, in Rousseau, che porta da un lato alla naturalizzazione di eventi come un bombardamento atomico, dall’altra alla umanizzazione della natura scatenata. Alle due categorie classiche di male naturale e male morale, sulla scorta di una meditazione sull’opera di Hannah Arendt e di Günther Anders, Dupuy aggiunge quella di male sistemico, che si verifica quando l’umano è trasceso dalla sua propria stessa potenza tecnologica, come nel caso di Hiroshima.
«Chiunque creda che l’umanità possa continuare a contare sulla scienza e la tecnologia per trovare la soluzione ai problemi creati dalla scienza e dalla tecnologia, come esse hanno fatto finora, non crede realmente che il futuro sia reale. Perché il futuro è pensato come fosse qualcosa che facciamo noi stessi, esso è tanto indeterminato quanto il nostro libero volere: e dal momento che lo inventiamo noi, non vi può essere alcuna scienza del futuro. Come la teodicea, anche l’antropodicea immagina il futuro come avente una struttura ad albero che genera un catalogo di esiti possibili. Il futuro che si realizzerà è quello che ci siamo scelto. Ma negare che il futuro sia reale presenta un ostacolo metafisico potenzialmente fatale. Perché se il futuro non è reale, nemmeno una futura catastrofe è reale. Confidenti nella nostra capacità di evitare il disastro, non lo consideriamo una vera minaccia. Questo è il circolo vizioso che il metodo dell’apocalissi illuminata tenta di rompere». (p. 59)
E l’apocalissi illuminata, l’annuncio illuminato di una catastrofe imminente, è un atteggiamento che al fine di disintossicare l’umanità dalla sua violenza «… consiste nell’agire come se noi tutti fossimo destinati ad essere le sue vittime, tenendo in mente nello stesso tempo che noi soltanto siamo i responsabili di ciò che ci accade. Questo doppio azzardo, questo stratagemma, potrebbe essere la nostra sola speranza di salvezza». (p. 56)