Scritto tra il 1944 e il 1945, Il mondo è una prigione di Guglielmo Petroni è uno dei più interessanti tra i non pochi testi che sono stati accantonati, obliati per decenni dalla cultura letteraria dominante in Italia (mi viene in mente il caso di Herling). Opportunissima dunque l’edizione di Feltrinelli (2005). Arrestato dai nazifascisti nel 1944 a Roma, incarcerato e torturato, Petroni rischiò la fucilazione. Il suo libro-testimonianza non ha nulla a che fare, però, con la produzione letteraria “resistenziale” ed ideologica, sostanzialmente ottimistica, se mai si avvicina alla prospettiva abissale di Primo Levi, ma a me pare ancor più problematico e aperto ad una interrogazione radicale. Poiché in Petroni è la stessa idea di libertà ad essere posta in questione. E non in modo accademico: Petroni ha visto la morte in faccia quando è stato interrogato dalle S.S., ma la sua liberazione dal carcere non lo fa sentire…
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